Gianni, ex detenuto della Casa Circondariale di Monza, e la Formula 1

 

 


Vivendo nel mondo delle corse automobilistiche, ho conosciuto tantissimi piloti, alcuni diventati poi campioni del mondo. Questo mi ha dato la possibilità di conoscerli molto a fondo. Vi racconterò di loro svelandovi aneddoti e curiosità della loro vita. Parto con Ayrton Senna. L’ho incontrato la prima volta durante il mondiale di Kart di Parma. Ho avuto immediatamente il sentore di quanto fosse antipatico e quanto fosse un pilota “scorretto”. I nostri incontri, in principio, sia in pista che fuori, non sono stati idilliaci. Poi, dopo un chiarimento fra di noi, tutto è cambiato e ne è nata se non una vera amicizia, di sicuro un’intesa durata nel tempo. Ayrton mi ha sempre ribadito che in gara, come in battaglia, non ci sono amici ma quello che più conta è vincere. – La paura non è incontrollabile- mi ripeteva spesso – ci vuole molta forza di volontà. Se un incidente grave o mortale ti coinvolge emotivamente, se a 300 Km orari pensi che una gomma possa scoppiare o che ci possano essere problemi ai freni nella tua prossima curva, vuol dire che non stai facendo correttamente il tuo lavoro. Ricordati che devi arrivare in gara con meno emozioni possibili. Io ho in testa un deviatore posizione gara. Penso soltanto alla competizione. Quando tutto è finito ritorno “in fase normale”, torno ad essere un umano come tutti. -



Abbiamo avuto modo di chiacchierare e confrontarci spesso. Ayrton era ritenuto antipatico per i suoi comportamenti in pista e per essere particolarmente sincero quando c’era da contestare la gestione della Formula1. Ayrton è arrivato in F1 giovanissimo, è normale che abbia commesso errori, ma ha avuto modo di dimostrare tutto il suo talento vincendo 3 campionati del mondo. Più diventava famoso e più acquisiva il coraggio per contestare il sistema. Era maturato in quelle torri dorate: le sue considerazioni erano rivoluzionarie per quell’ambiente. Ci siamo ritrovati spesso a parlare di volontariato. Ayrton mi ha confessato che, a differenza di molti ricchi che voltavano le spalle alla povertà, lui aveva sempre fatto beneficenza e in silenzio, senza sbandierarla ai quattro venti. Sapeva che facevo volontariato, guidavo allora l’ambulanza. Mi ripeteva sempre: - Gianni, se guidi come guidi in pista, poveri malati!-  Era nato in Brasile e conosceva molto bene le condizioni dei meninos de Rua e quanto fosse importante per loro il suo aiuto. Nel 1988, dopo il suo terribile incidente sul tracciato di Montecarlo, Ayrton si avvicina a Dio come mai aveva fatto prima. – Sono stato cattolico come tanti- mi diceva- poi qualcuno mi ha fatto capire alcune cose. Sai, leggo la Bibbia ed è lì che immancabilmente trovo le risposte ai miei tanti dubbi. Ti consiglio di farlo anche tu. – Fino a quel fatidico 1maggio del 1994, Ayrton mi aveva spesso raccontato di aver subito più volte minacce a causa della sua eccessiva onestà e trasparenza. – Ci sono stati momenti in cui alcune persone hanno cercato di distruggermi, ma non ci sono riusciti, anzi mi hanno rafforzato. E’ difficile cambiare il mondo ma sono convinto che ognuno di noi possa dare il suo contributo. Quello che faccio per la povertà non l’ho mai dichiarato. -  E per questo ho sempre rispettato questo suo desiderio di non rendere pubblica la sua grande generosità. Custodisco di lui segretamente tante cose.

 

 

Non so cosa sia passato nella testa di Ayrton quel 30 aprile del 1994, giorno in cui perse la vita Ronaldo Patremerser. Sono certo che il 1 maggio del 1994 Ayrton è entrato in macchina con il deviatore sulla gara, senza emozioni, come mi ripeteva sempre. Ricordo la frase che mi ha detto prima dell’incidente e che non dimenticherò mai: Sai Gianni, dall’alto Gesù mi aiuta e mi guida. In questo mondo molti valori sono compromessi. Noi tutti abbiamo il compito di difenderli. Lo ripeto spesso in modo che coloro che hanno le orecchie aperte per ascoltare e comprendere possano capire.  Lo dico perché è un mio dovere di credente farlo. – Avrebbe potuto dare ancora molto Ayrton. Forse sarebbe stato l’unico in grado, per la sua sensibilità, di rendere la Formula1 meno arida. Ma questo non solo per la Formula1. Peccato che non ne abbia avuto il tempo



 "Nella mia carriera di preparatore prima e di pilota dopo, ho vissuto e sperimentato tutte le innovazioni tecnologiche legate alle auto da competizione che sono diventate sempre più potenti e performanti. L’impiego smisurato dell’elettronica e i regolamenti assai discutibili, costruiti in nome di una presunta diminuzione dei costi, purtroppo limitano le prestazioni dei piloti che reprimono il loro spirito da combattenti per sottostare ai consigli tecnici dei vari team. Alla luce delle mie esperienze sul campo penso, resto fedele alle competizioni automobilistiche del passato dove il pilota era il vero protagonista e faceva la differenza. Le auto da corsa venivano messe a punto su misura del pilota e non come adesso che tutto è calcolato al computer. Con questo non voglio dire che i piloti di oggi siano meno bravi di quelli di ieri, ma sono di certo molto più facilitati. Mi chiedo: l’estrema sofisticheria ingegneristica si concilia bene con l’automobilismo sportivo? I piloti oggi mi sembrano robottizzati e rendono quasi noiose le gare. La formula uno non si sta allontanando sempre di più dalla gente? Gli addetti ai lavori sembrano vivere nella loro torre dorata, è venuto meno il contatto personale fra piloti e spettatori, si punta maggiormente sui media. La Formula 1 è una giostra di lusso dove i giostrai si arricchiscono, ma continua ad affascinare il suo pubblico per il rischio e la spettacolarizzazione.  in questi ultimi tempi la ricerca tecnologica ha fatto sì che le auto siano migliorate in affidabilità e sicurezza anche grazie alla professionalità dei loro tecnici ed ingegneri.  Non nascondo che gli interessi economici che gravitano in questo mondo sono a beneficio soprattutto delle case automobilistiche che puntano esclusivamente ai loro interessi. Ma i piloti? In questo mondo di business il pilota appare come un burattino senz’anima. Mi auguro che si possa ritornare a vivere quella sana competizione fra team, e che i nuovi padroni del CIRCUS F.I.A. possano vivacizzare le gare rendendole non una banale corsa solo per raggiungere il traguardo ma incerte ed interessanti per tutti gli sportivi e i tifosi che seguono fedelmente questo meraviglioso sport. E’ vero che la Formula uno è il trionfo dell’immagine, della luce, della temerarietà. Ogni gesto assume un significato sacrale nella provvisorietà del momento. Ogni clic ferma un frammento di vita. Sono attimi fuori dal tempo, istanti densi di ansia e di passione, ma anche di tensione. La formula uno brucia le certezze e gela le speranze. Tutt’intorno il frastuono dei motori, di elicotteri, di passi. Le urla dei tifosi. Il mondiale è mille storie da raccontare. Dietro ad ogni curva c’è l’incognita, la sorpresa, la panoramica delle visioni che si allontanano e che poi ritornano. I piloti sfidano il vento fra i colori che si mischiano con l’odore degli eucalipti, delle adelaidi, delle buganville di Rio, della lavanda del Castelet, del mare di Montecarlo, del verde respiro di Monza. Un altro giorno, un’altra pagina un altro sogno, un’altra sfida, un altro anno.

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