STRETTA ALLE ATTIVITÀ CULTURALI IN CARCERE
Con un’improvvisa circolare il Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che dipende dal ministero della Giustizia, ha dettato le regole che d’ora in poi dovranno seguire tutte quelle attività culturali, educative, ricreative che da anni si svolgono all’interno delle carceri. Tutto dovrà passare dalla Direzione generale, surclassando le direzioni dei vari carceri. Una stretta che sicuramente complicherà l’organizzazione di tutte quelle iniziative che negli anni si sono dimostrate importantissime per il reinserimento, ma anche solo per la vita di ogni giorno, delle persone detenute. Reinserimento che ricordiamo è al centro del dettato costituzionale. Sarà quindi sempre più difficile e farraginoso seguire corsi universitari, lezioni di musica e teatro, corsi di lingua italiana per gli stranieri, attività sportive, presentazione di libri. Tutte iniziative che per moltissimi detenuti sono stati un momento di riscatto. Anche all’uscita dal carcere. Infatti negli anni molti studi hanno dimostrato come queste attività riducano il rischio di recidiva, cioè la reiterazione del reato.
Le regole sono
ferree. Ogni richiesta dovrà essere presentata con congruo anticipo,
indicandone data e durata, spazi utilizzati, numero e nomi dei detenuti che
parteciperanno, parere della direzione ed elenco dei nomi di altri partecipanti
che non siano detenuti.
Ultima disposizione è che
l’organizzazione e la gestione delle attività dovrà essere a capo delle singole
direzioni evitandone la esternalizzazione. Questo vuol dire che, visti i gravosissimi
compiti e responsabilità a capo dei dirigenti, sicuramente le attività
culturali diminuiranno notevolmente anche, giocoforza, come qualità.
Questa direttiva si
inserisce in un clima di sempre maggiore controllo dei vari istituti e
soprattutto toglie autonomia alle direzioni del carcere, le sole che hanno
conoscenza diretta dei detenuti a loro affidati, degli uomini della polizia
penitenziaria, degli educatori.
Infine una domanda sorge
spontanea: Perché? Perché tutto questo, cosa ha allarmato il Dap, chi e cosa si
vuole colpire. Cosa è successo di tanto grave da giustificare una disposizione
di tale genere. Già l’Italia è da anni nel mirino della Corte europea dei
diritti dell’uomo, da ora lo sarà di più. Ma i nostri governi preferiscono
pagare le multe piuttosto che mettersi in regola e rispettare la vita dei
cittadini.
Giancarlo Dadda
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