Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 46/25 16 novembre 2025 XXXIII domenica del Tempo Ordinario - dal cappellano del carcere Don Tiziano
Il tempo della salvezza
In ogni momento della storia potremmo dire, con le stesse parole di Gesù: Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti... Ecco, in molti lo dicono, è arrivato il momento finale, ci sono i segni di un’imminente fine di ogni cosa. Credo però che molti, ancor di più, non lo dicano. Paura di tante cose ma non certo di una imminente fine del mondo. La situazione attuale è certamente difficile, si sta rischiando parecchio, non è chiaro ciò che ci aspetti, paura di ciò che non conosciamo e che non sapremo come affrontare, ma in fondo cosa c’è di nuovo. E’ un copione conosciuto che si ripete in continuazione con ben poche varianti. Rivelarci quando sarà la fine di ogni cosa comunque non era neanche l’intenzione di Gesù. Nel vangelo di oggi ci indica come vivere nel tempo presente, che in realtà è un tempo difficile, dove il male sembra prevalere sempre sul bene, dove la pazzia umana ci regala guerre, inimicizie profonde, disuguaglianze scandalose. Il tutto accompagnato da inevitabili disgrazie naturali ma anche dall’incuria dell’uomo. Quali sono allora le caratteristiche di questo momento che stiamo vivendo? E’ il tempo in cui Dio continua a rivelarsi, si fa conoscere e lo possiamo incontrare. Non è il tempo dell’assenza. La nostra vita si svolge alla sua presenza anche in questo tempo che può essere travagliato e insicuro. E’ il tempo del discernimento, cioè la capacità di scegliere ciò che è buono, di non lasciarci sfuggire le occasioni di salvezza, di saper interpretare i segni dei tempi, e come ci ha detto Gesù: badate di non lasciarci ingannare. E’ il tempo della persecuzione, non necessariamente quella fisica (anche se in tante parti del mondo avviene). “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno”. E’ il tempo della testimonianza. “Avrete allora occasione di dare testimonianza” che è il frutto di una fede matura, salda, compatta e temprata dalle esigenti richieste del maestro. Chi si sforza sinceramente di assomigliare a Cristo può dare testimonianza. E’ il tempo della perseveranza, cioè del tener duro, del resistere, del non scoraggiarsi. San Paolo, nella lettura di oggi, ci indica come vivere nella perseveranza. Non nell’ozio, perché non si opera il bene; non essere parassiti, perché non si vive sulle spalle degli altri; non nel disordine e sempre in agitazione, come se ci mancasse la roccia salda in cui confidare. “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. dtiziano.
Giubileo 2025: Giovani pellegrini di speranza
Venerdì sera il nostro arcivescovo ha incontrato, qui in carcere, un gruppo numeroso di detenuti e uno altrettanto numeroso di persone esterne. Era presente anche una suora di clausura, suor Benedetta. Insieme hanno affrontato il tema della speranza, della bellezza nel contemplare il volto di Gesù, della vita che si realizza nella scelta quotidiana del bene e nella capacità di percorrere la difficile strada del perdono. Interessanti gli interventi dei detenuti e le testimonianze delle fatiche ma anche del positivo che anche in carcere è possibile. Testimonianze che hanno commosso. Dopo aver parlato di Zaccheo, dal brano letto in apertura dell’incontro, mons. Delpini ha ricordato il recente viaggio in Terra santa con i vescovi della Lombardia. Ha raccontato in particolare di un incontro tra due padri, uno palestinese e l’altro ebreo, che hanno perso le figlie nelle spirali di odio che da troppo tempo segnano la vita di quelle popolazioni. Leggiamo le sue parole, pubblicate sul sito della diocesi. Ci sono stati due incontri che mi hanno particolarmente colpito. Uno è quello con un papà ebreo (la figlia di 14 anni uccisa in un attentato terroristico) e un papà musulmano (anche lui con una figlia di 10 anni uccisa da un soldato israeliano). Questi due padri, di fronte al trauma della morte di un figlio, hanno ciascuno per conto proprio considerato cosa dovevano fare. Reagendo all’istinto immediato della vendetta hanno invece pensato che dovevano cercare vie per rendere desiderabile continuare a vivere. Perciò sono diventati amici, hanno dato vita a un gruppo di parenti di persone morte nel conflitto israelo-palestinese. Questo è stato un incontro molto impressionante per dire che la guerra è una pazzia, la speranza è soltanto nel perdono e nella decisione di considerarsi semplicemente esseri umani. E poi ha aggiunta anche le parole del papà ebreo. Mi è rimasta impressa l’espressione del papà della ragazza uccisa in un attentato: “Gli ebrei sono pazzi e sono pazzi perché hanno troppo sofferto. I palestinesi sono pazzi e sono pazzi perché hanno troppo sofferto”. Una sofferenza sempre più grande e che si crede di potere attenuare con la legge del più forte, con la vendetta, con l’annientamento dell’altro. Una sofferenza che però può anche unire. Dipende dalla capacità di guardare oltre, di andare avanti, di trovare la forza e il coraggio per compiere scelte che spezzano le catene dell’odio e ci fanno riscoprire la dignità di ogni uomo. dt.
Troppi suicidi tra i veterani di Gaza
L’esperienza di aver combattuto nella striscia di Gaza è stato un trauma insormontabile per molti soldati israeliani. C’è chi a fatica riesce a convivere con l’orrore vissuto. Ma c’è anche chi non ce la fa e sceglie di suicidarsi. Alcuni dati ufficiali dovrebbero inquietarci e farci riflettere su quanto sia insensato e disumano il ricorso alla guerra. Nel 2024 in Israele ci sono stati 358 tentati suicidi: 279 erano era soldati in servizio o di rientro da Gaza, il 78% del totale. Un rapporto pubblicato dal parlamento israeliano ha rivelato che tra gennaio 2024 e luglio 2025 per ogni soldato che si è tolto la vita, altri sette hanno provato a fare lo stesso. Secondo il dossier gli episodi segnano un drammatico aumento rispetto agli anni precedenti. Inevitabile la domanda: cosa sta succedendo? E non si può che dire: la guerra è morte e distruzione per tutti.
Civiltà non vendetta
“La giustizia è civiltà, non vendetta”. Sono queste le parole pronunciate in un’intervista a “Il dubbio da Giovanni Bachelet”, figlio di Vittorio, ammazzato dalle Brigate Rosse, nei giorni della morte di Laura Braghetti, autrice del delitto. Una lezione di pace in questi tempi bui dove invece le parole violente “ordine e punizione” sono sempre più usate. “Per essere davvero giusta, ha proseguito, alla giustizia italiana manca un sistema carcerario umano. Le carceri sono sovraffollate e inumane, e questo alimenta la disperazione. Se vogliamo sicurezza dobbiamo cambiare mentalità: pensare non solo ai grandi casi, ma anche a chi sconta pene per piccoli reati e non ha nessuno”. Qualcuno lo ascolterà? gda.
Seminare opportunità
All’interno della Casa Circondariale di Monza il dipartimento Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università Statale di Milano promuove l’iniziativa “Progettare il verde, seminare opportunità”. Per i detenuti interessati si terranno una serie di incontri e attività quali la conoscenza del suolo, le tecniche di coltivazione e potatura, il compostaggio, la progettazione di aree verdi, fino all’approfondimento del legame tra qualità degli ortaggi e salute umana. Saranno incontri settimanali di circa due ore in cui si alternano lezioni teoriche in aula a esercitazioni nella serra e nelle aree verdi dell’istituto, già adibite a orto. L’iniziativa si propone di offrire nuove opportunità di reinserimento sociale e lavorativo. Opportunità che spesso mancano.
Arriva il bus
Dal 10 novembre è attiva la linea Z213 che fermerà nei pressi del carcere. Dopo anni di proteste e di richieste finalmente una buona notizia. Detenuti in permesso, famigliari in visita, agenti senza auto avranno la possibilità di andare e venire dal carcere senza lunghe, estenuanti camminate. O obbligo di auto. Questi i particolari: attiva dalle 9 alle 17,30 con una corsa ogni 45 minuti. Partenza da Porta Castello, vicino alla stazione ferroviaria con 15 fermate. Quella nuova è sul viale Fermi, vicino al carcere. gda.
Ri(flessioni)
1. Suicidio in carcere E’ il quindicesimo suicidio che avviene quest’anno nel carcere di Pavia: un giovane uomo, di origini nordafricane, si è impiccato giovedì mattina nel locale docce. Il carcere di Pavia ha un alto tasso di sovraffollamento e, come tante altre carceri, numerose situazioni di disagio. Ma quindici suicidi in dieci mesi e mezzo sono un po’ troppo. Finora a livello nazionale i suicidi in carcere dall’inizio dell’anno sono stati sessantanove.
2. Gioco d’azzardo E’ una piaga che colpisce un alto numero di italiani. Almeno un milione e mezzo sono ormai schiavi del gioco. Molti fanno fatica ad ammetterlo dicendo di essere solo giocatori occasionali. Basta dare un’occhiata alle cifre, che sono numeri ma qualcosa dicono, per renderci conto di quanto in realtà sia diffuso il gioco. In vent’anni sono stati giocati all’azzardo (diciamo legale) ben 1774 miliardi. In continua costante crescita. Incoraggiati da uno Stato che non si capisce bene perché lo faccia visto che ciò che incassa sembra essere poca cosa. I costi da affrontare, anche per lo stesso Stato, sono invece molto alti. Famiglie in difficoltà, poveri che ancor di più si impoveriscono nell’illusione di di una qualche vincita milionaria. Mi sembra che a guadagnarci molto siano i vari concessionari e i locali con le macchinette per il gioco. Oltre ai clan mafiosi che sanno infilarsi dove ci sono tanti soldi.
3. Il cliente invisibile A Siena, In un supermercato, un cliente fa la spesa e nasconde tra le casse di birra alcuni articoli di piccole dimensioni. Il cassiere, un uomo di 62 anni da 13 anni in quel supermercato, non si accorge. Però il cliente in realtà non era un cliente ma un ispettore inviato solo per controllare. La triste conseguenza è stato il licenziamento del cassiere. Non ha rubato, non si è approfittato di nulla. Una vicenda che sarà da chiarire. Al di là di questo episodio ho l’impressione è che quei tipi di controllo non siano troppo leali, fatti solo per punire, pretendendo competenze non richieste (sono cassieri, non poliziotti). Un lavoratore deve fare il proprio dovere con coscienza e lealtà, ma l’imprenditore deve ricordarsi che non è merce di cui poter disporre, e non è un limone da spremere. E che dietro a un lavoratore c’è sempre una famiglia.
4. Sempre più centenari in Italia Sono 23mila. Duemila in più dell’anno scorso. 8 su 10 sono donne. L’età dei più anziani: 114 anni la donna e 111 l’uomo. dt.
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