Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 41/25 12 ottobre 2025 XXVIII domenica Tempo Ordinari
Solo uno
C’è gente che non ringrazia mai, sanno solo chiedere e anche pretendere. Come certi bambini capricciosi, insaziabili, che vogliono tutto e subito. Ma qui dovremmo chiederci in che modo sono stati educati, che tipo di messaggio hanno ricevuto dai genitori. Ringraziare crea relazione, l’altro che ringrazio o da cui ricevo un grazie non mi è indifferente, dice che quanto si è ricevuto non è solo un atto dovuto ma in qualche modo un dono. Una canzone di tanti anni fa, forse un po’ ingenua, ci invitava ad aprire gli occhi, ad accorgersi degli altri: Ho visto stamattina mentre andavo a lavorar il lattaio, il postino e la guardia comunal. Per la prima volta vedo gente intorno a me. Ieri non ci badavo non so proprio perché... Il vangelo di questa domenica, la guarigione di dieci lebbrosi di cui uno solo torna a ringraziare Gesù, non ne sono stati purificati dieci? e gli altri nove dove sono? ci fa notare le difficoltà che abbiamo nel ringraziare e di riconoscere il volto del fratello che mi fa un dono. Ci sono dieci lebbrosi che andarono incontro a Gesù mentre stava per entrare nel villaggio. Avranno avuto i loro buoni motivi per farlo, la buona fama di Gesù li aveva certamente raggiunti. Di sicuro uno scomodarsi molto interessato, comunque si sono scomodati. Anche se si fermarono a distanza, non solo perché lebbrosi e, per paura, esclusi dalla società. Forse si sentivano indegni, non all’altezza, qualcuno pensava che anche il suo cuore, il suo spirito, erano ormai contagiati dalla lebbra. Stando a distanza lo supplicano: Gesù, maestro, abbi pietà di noi! Lo chiamano per nome, tutti lo invocano, tutti obbediscono e si mettono in cammino verso Gerusalemme per presentarsi ai sacerdoti. Tutti, mentre andarono, furono purificati. Uno solo torna per ringraziare, il più messo male, un samaritano, due volte escluso dalla società, perché samaritano e ora anche lebbroso. Aveva percepito più degli altri la grandezza del dono ricevuto perché era quello che soffriva di più e si sentiva escluso e disprezzato. Soprattutto aveva compreso la grandezza di Gesù, il fascino che le sue parole e i gesti trasmettevano, un uomo che può esserti amico e creare una profonda comunione di vita. Tutti guariti, anche se non furono riconoscenti. Ma il vero miracolo è quanto avvenne al samaritano: la salvezza, che è sempre per tutti, chiede di essere accolta e vissuta nel ringraziamento e nello stupore. Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato! dtiziano
Finalmente una tregua
Ciò che è accaduto il 7 ottobre di due anni fa, ciò che è successo dopo a Gaza, ha finalmente scosso le coscienze, ha mobilitato le piazze. Non era sopportabile fin dall’inizio ciò che stava accadendo. Ma per due anni sono continuati i raid, gli spostamenti della popolazione da una zona insicura a un’altra più o meno insicura come quella di prima. Ogni giorno si contavano decine di morti. Perfino di fame si muore a Gaza e bisognerà pure stabilire, per amore di verità, dove stanno le responsabilità degli scandali nella distribuzione degli aiuti umanitari. Finalmente una tregua nel cammino verso la pace che è ancora lungo e arduo. Un importante e benedetto passo è stato fatto, e non si deve per nessun motivo tornare indietro: le armi tacciono, l’esercito si ritira, si potrà ricominciare a distribuire il necessario per vivere alla popolazione ormai stremata. Il card Pizzaballa ha affermato che è un primo passo necessario che porta un’atmosfera di fiducia e anche un sorriso in tante famiglie, sia in Israele che in Palestina, a Gaza soprattutto. L’odio porta solo dolore e fa soffrire tutti, chi è odiato ma anche chi odia, anche perché spesso avvengono contemporaneamente. Famiglie israeliane e famiglie palestinese hanno pianto insieme, ora sorridono e sperano insieme. dt.
Guerra e pace
La parola guerra, parola terribile, è sempre più nel linguaggio comune dei politici di tutto il mondo. E la pronunciano con una facilità che sgomenta. E quando più la si nomina, più si avvicina. Perché non è più solo una parola: nel mondo, nel ’24, si sono spesi 2.178 miliardi di dollari. L’Italia 35,4. Sempre di più. Tutti soldi sottratti a spese mediche, ricerca scientifica, scuola, assistenza. Settori che soffrono. E se si producono armi ovviamente è perché le si vogliono usare. Anche per consumarle e produrne delle altre. Un discorso agghiacciante. Soprattutto perché guerra oggi vuol dire bomba atomica, la fine del nostro mondo. Armi per la “difesa” sostengono tutti i governi. Ipocriti. Ma c’è una speranza, l’unica, i popoli del mondo. Che la guerra proprio non la vogliono. Anche perché sono i loro figli che vanno a morire, quelli che stanno in basso. Manifestare per la pace e contro la guerra, ovunque, contro tutti gli schieramenti, produce pace. Non dobbiamo mollare, non dobbiamo rassegnarsi. Osiamo gridare la parola PACE. E poi: perché morire? È così bella la vita. gda.
La piaga dei suicidi in carcere
Un giovane detenuto nordafricano si è tolto la vita nel carcere di Pavia dopo pochi giorni di reclusione. Un altro, albanese, nel carcere di Verona. Drammi di un sistema che conta più di un morto a settimana e che rende impossibile la rieducazione prevista dalla Costituzione. Le lenzuola annodate in una lunga corda stretta attorno al collo gli hanno permesso di lasciare la sua cella. Da morto. Sono 66 i suicidi dall’inizio dell’anno. Il primo era rinchiuso da pochi giorni ma non ha resistito neanche a quelli. E come lui tanti, troppi, non resistono. La conta va avanti senza che una riflessione ampia investa la politica e la comunità tutta. Ma qualcosa si muove. L'insostenibilità delle condizioni di vita all’interno delle strutture carcerarie è sotto gli occhi di tutti, a dispetto del principio della pena rieducativa, sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione. Un articolo rivoluzionario nella sua semplicità: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. In estrema sintesi, reinserire l’individuo nella società, non farne un criminale irrecuperabile. Ma nelle condizioni che sono sotto gli occhi, nelle condizioni delle carceri italiane è impossibile e irrealizzabile la rieducazione e la risocializzazione di coloro che scontano la pena in strutture sovraffollate e in condizioni non dignitose per la persona. Anche un solo suicidio di un detenuto per l’insostenibilità della vita in cella coinvolge la società tutta a un’assunzione di responsabilità e la politica ad interventi indifferibili. Il carcere non può essere la sola risposta alle istanze legittime di sicurezza e di tutela dei cittadini se veramente si vuole realizzare un sistema che permetta il reinserimento nel tessuto sociale. La restrizione fisica non può essere restrizione dei diritti fondamentali della persona e mortificazione della dignità umana. E solo cambiando il carcere avremo anche società più sicure. e.n.
L’Europarlamento ha votato su Ilaria Salis
Per l’eurodeputata di Alleanza Verdi-Sinistra Ilaria Salis, monzese, il 7 ottobre è stata una giornata cruciale: intorno a mezzogiorno, l’assemblea plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo ha deciso di confermare l’immunità e dunque non farla processare in Ungheria. A Budapest Salis rischia una condanna (esagerata e sproporzionata) a 24 anni per l’accusa (ridicola e risibile) di avere contribuito all’aggressione di due neonazisti, che hanno riportato lesioni guaribili in due settimane. Il fumus persecutionis è certo: il governo ungherese controlla la magistratura e dice ogni giorno che Salis il reato l’ha commesso, non che vada accertato. Salis ha chiesto per questo di essere processata in Italia. Ammettiamo allora che, pur tra le mille magagne che affliggono il sistema italiano della giustizia, si sta forse meglio da noi... e.n.
Ri(flessioni)
1. Suicidi in carcere Un detenuto albanese, in attesa di processo si è tolto la vita nel penitenziario di Montorio, a Verona. E’ il terzo suicidio del 2025 che si verifica in quel carcere e il sessantaseiesimo nelle carceri d’Italia. Quasi inutile ricordarlo: dal Governo silenzio, o al massimo solo inutili parole di circostanza.
2. Morti in carcere Due detenuti deceduti nel giro di poche ore nel carcere di Milano San Vittore. Un marocchino e un peruviano morti per arresto cardiaco. Disposte le autopsie per stabilire le cause dei decessi. Altri tre detenuti hanno accusato malori.
3. Nobel per la pace Il premio Nobel per la pace è stato assegnato a Marina Corina Machado, la «dama de hierro» del Venezuela. La dama di ferro sfida da anni il regime di Nicolàs Maduro. La motivazione del Comitato Nobel norvegese: Machado è una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un'oscurità crescente... Riceverà il premio per la pace per il suo instancabile lavoro nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia. C’è ancora gente che crede negli ideali e sa combattere, soffrire e trascinare altri sulle strade della libertà.
4. Esortazione apostolica Primo documento ufficiale per Papa Leone. “Dilexi te", Io ti ho amato, è il titolo. Il contenuto principale è l’amore per i poveri: non si può separare l’amore verso Dio da quello per i poveri. Con questa esortazione il papa ci sta indicando la direzione da prendere e delinea il volto della chiesa del futuro che deve essere secondo il sogno di papa Francesco: una chiesa povera per i poveri. Per amare i poveri occorre imparare ad ascoltarli e ancor di più diventare poveri, e non solo di spirito.
5. La guerra distrugge tutto Grido di dolore del dottor Ezzideen Shehab: Siamo stati tenuti in ostaggio nella nostra stessa terra. Non potevamo andarcene. Non potevamo cambiare coloro che pretendevano di governarci. Siamo stati intrappolati tra un occupante spietato e governanti che si nutrono della nostra sofferenza. Ezzideen si era laureato il giorno prima del 7 ottobre. Molti suoi parenti sono morti. La sua casa è stata rasa al suolo. Non oso immaginare cosa ora si porta nel cuore. Provo grande compassione. E un po’ di vergogna per quanto non abbiamo saputo fare. Quanti come lui? Quanto odio è stato seminato? Quanti semi avvelenati matureranno? dt.
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