Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 39/25 28 settembre 2025 XXVI domenica Tempo Ordinario

 


Chi sta a tavola 

Dicevano che non si può servire Dio e la ricchezza. Ne va della libertà e della qualità della stessa vita. Le scelte che si compiono sono diversissime e riflettono il rapporto con la ricchezza: seguono i desideri del cuore. San Francesco d’Assisi, uno dei santi più conosciuti e amati in tutto il mondo. In Italia si vorrebbe dichiarare il 4 ottobre, festa liturgica, giorno festivo. Si vedrà. Di sicuro San Francesco ha molto da insegnare anche oggi. Ha goduto della ricchezza, del padre più che sua, e dei privilegi che comporta. A un certo punto qualcosa in lui avvenne: il desiderio di imitare Gesù, povero e umile. Percepì come superflue le ricchezze e di ciò che era suo ne fece dono ai poveri. La povertà la definì la sua sposa. Morì spogliato di tutto, adagiato sulla nuda terra. “Sono ricco e spendo 30 mila euro al giorno”, così ha dichiarato in una intervista un imprenditore italiano. Con fierezza e orgoglio, molto soddisfatto della vita. Circa 11 milioni all’anno. Credo che ci sia anche chi guadagni molto di più, spenda molto di più e lasci, quando muore, ingenti capitali. Possono farlo e lo fanno. Invidiati da tanti. Ci sarebbe da riflettere molto su un mondo dove si vive, uno accanto all’altro, in situazioni così estreme. Queste diversità, dove troppi non riescono a vivere in modo dignitoso e troppi neanche semplicemente a vivere, sono il terreno dove scaturiscono i conflitti, i rancori e il desiderio di agguantare il più possibile il benessere dei ricchi, anche nei suoi aspetti peggiori. Guai agli spensierati di Sion... Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla... bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano, denunciava il profeta Amos, nella prima lettura di oggi. Indifferenza verso la situazione di chi sta peggio. Forse non cattiveria e magari anche con qualche pensiero di compassione, ma niente più, niente azione concreta. E’ l’atteggiamento dell’uomo ricco, vestito di porpora e lino finissimo, che ogni giorno si concedeva lauti banchetti, e di ciò che avanzava dalla tavola se ne impossessavano i cani, più veloci del povero Lazzaro: non lo vedeva il povero perché non era nel suo cuore (Lc 16,19-31). I poveri li avrete sempre con voi... ma non sempre avrete me (Mc 14,7): avremo sempre i poveri da accogliere e amare e in loro vedere e amare Gesù. dtiziano.

Il sangue di ogni bambino 

Ogni anno, a Napoli, si ripete il rito della liquefazione del sangue di San Gennaro. Avvenuto puntualmente anche quest’anno. Questo un passaggio dell’omelia del vescovo, Mimmo Battaglia, dove ricorda le vittime delle guerre in ogni parte del mondo. Se potessi, raccoglierei in un'ampolla il sangue di ogni vittima - bambini, donne, uomini di ogni popolo - e lo esporrei qui, sotto queste volte, perché nessun rito ci assolva dalla responsabilità, perché la preghiera senta il peso di ogni ferita e non scivoli via. E oggi, con pudore e con fuoco, dico: è il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei esposto in questa cattedrale, accanto all'ampolla del santo perché non esistono ‘altre’ lacrime: tutta la terra è un unico altare”. 

Preti contro il genocidio 

Non possiamo tacere davanti a massacri, violenze e violazioni del diritto internazionale: è quanto hanno affermato le centinaia di sacerdoti che si sono ritrovati lunedì a Roma per pregare e manifestare contro le politiche di Israele e i crimini compiuti nella striscia di Gaza e nei territori occupati. Nello stesso giorno in cui si sono riempite tante piazze per chiedere la fine della distruzione di Gaza. Hanno chiarito che : “Non siamo contro qualcuno, ma a favore di ogni vita umana". “Noi come preti e sacerdoti crediamo che Cristo si identifica con chi soffre, con chi è povero ed è oppresso. Vogliamo essere voce di chi non ha voce. Tra loro anche padre Alex Zanotelli, un missionario da sempre in modo radicale dalla parte dei poveri: “La preghiera non basta più. Per questo usciremo dalle chiese a marciare per le strade di Roma. C’è la chiara intenzione di sterminare il popolo palestinese. Oltre alle centinaia di preti che sono potuti andare a Roma ce ne sono migliaia che hanno aderito e firmato l’appello per la pace.

I giovani e la violenza 

Come sempre si guarda il dito e non la luna. Sulle manifestazioni di lunedì scorso perché cessi il genocidio a Gaza, ha scritto parole chiare l’Osservatore romano, il quotidiano della Santa sede. Durante le manifestazioni che hanno visto centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, in decine di piazze d’Italia ci sono stati, soprattutto a Milano, violenti scontri con la polizia. L’Osservatore invita a non guardare solo a questi ultimi. Piuttosto sottolinea il fatto che tantissimi ragazzi abbiano tentato di prendere sul serio un bisogno di giustizia e di pace che sentono proprio. Perché, diceva il poeta Peguy «c’è qualcosa di peggio dell’avere un’anima addirittura perversa. È avere un’anima abituata». Sì perché sono gli stessi ragazzi che sono criticati per i loro comportamenti, le loro bravate, i coltelli, le risse. Quelli per i quali sono emanati decreti sicurezza, zone rosse, anni di galera. Giovani nel mirino. Accorgersi che non sono indifferenti, scrive l’Osservatore, “potrebbe esser d’aiuto a liberarci dai cliché meschini con cui si parla delle giovani generazioni, svelando piuttosto la vera questione: noi adulti siamo disposti a guardare veramente e a fare i conti con il desiderio di giustizia e di bene che vivono questi ragazzi? La domanda è scomoda, perché ne implica un’altra: cosa rende possibile, a ciascuno di noi, prendere sempre più seriamente in carico questi desideri e queste urgenze, che sono come la stoffa della nostra umanità? La questione è decisiva, perché l’alternativa è, in definitiva, solo una: abbandonarsi al dilagante scetticismo, confidando, incoffessatamente, che l’anima si abitui a tutto”. g.d.a. Parents Circle Più di seicento famiglie palestinese e israeliane, provate da gravi perdite per atti guerra o di terrorismo, hanno deciso di non rinchiudersi nel dolore e nell’odio ma di incontrarsi per innescare percorsi di pace e di perdono. Hanno dato vita all’Organizzazione 

Parents Circle 


Families Forum. La ritengo un’esperienza formidabile di incontro, un accorgersi che il dolore è uguale per tutti, che niente lo può lenire se non un difficile cammino di riconciliazione, un piangere insieme, un consolarsi insieme. Una pace e una fratellanza che viene dal basso, ma che è la più vera, e andrebbe ascoltata da chi invece non esita a usare le armi, ma a morire ci manda gli altri. 


Consiglio permanente dei vescovi a Gorizia 

A Gorizia si è svolto questa settimana, su invito dell’arcivescovo Carlo Roberto Redaelli, il Consiglio permanente dei vescovi italiani. Un evento che ha visto anche il coinvolgimento dei giovani e dei vescovi delle vicine diocesi per trasmettere un messaggio di pace. Italia, Slovenia e anche Croazia unite nel nome del vangelo. Belle e incisive le parole dell’arcivescovo Redaelli nel descrivere la realtà di Gorizia. Gorizia città di frontiera? Terra di confine? No: città crocevia fra i mondi latino, slavo e germanico. Qui i confini non ci sono mai stati, se non quelli imposti dal potere, dalle guerre, dalle ideologie. Dentro le stesse comunità, dentro le stesse famiglie – dentro il nostro stesso Seminario e nelle comunità cristiane – si parla friulano, sloveno, tedesco. Di fronte ai muri di divisione e alle incandescenze della storia, la nostra Chiesa è impegnata da sempre a testimoniare che è il Vangelo ad assicurare il perdono, la riconciliazione, la vera fraternità. E la vera speranza, come desideriamo riscoprire in questo 2025, anno giubilare dedicato alla speranza, che Gorizia e Nova Gorica vivono da capitale europea transfrontaliera della cultura. Martedì sera fiaccolata con i giovani e i vescovi delle tre nazioni. Nel comunicato finale i vescovi hanno lanciato un forte appello per la pace

Ri(flessioni) 

1. Dopo un solo giorno Sylla Mamadou, senegalese, trentacinque anni, arrestato perché in stato confusionale aveva aggredito alcuni passanti, è morto dopo un giorno di carcere. E’ successo a Caserta. Ora sarà eseguita l’autopsia per stabilire le cause della morte. 

2. Grazia concessa Il presidente Sergio Mattarella ha firmato quattro decreti di grazia per detenuti che hanno dimostrato buona condotta, consapevolezza degli errori commessi, e che hanno compiuto atti riparativi. Credo che tanti altri meriterebbero una qualche forma di grazia. E’ comunque una buona notizia, anche se riguarda poche persone. Segno di una clemenza di cui si è un po’ persa la traccia. 

3. Sempre più poveri Qualche anno fa un politico aveva promesso che avrebbe abolito la povertà. Non è stato così. Anzi, sta crescendo. Sono ormai 2,2 milioni le famiglie che vivono nell’indigenza. Un bambino su sette subisce gravi privazioni. Sempre più persone rinunciano alle cure mediche e chi può si rivolge alle strutture private. I ricchi, in compenso, sono sempre più ricchi. Anche a questa stortura ci si abitua facilmente, a patto di non essere tra i poveri. Oggi il vangelo ci parla di Lazzaro, il povero, e del ricco che mangia, beve e si veste con lusso. Il ricco lo vede e lo lascia alla sua fame. Storia che si ripete. 

4. Ingressi regolari In tre anni mille rifugiati potranno entrare in Italia con le carte in regola, attraverso i cosiddetti corridoi umanitari. Questo grazie a Governo, Comunità di Sant’Egidio, Fcei e Tavo. Un migliaio di persone che ora si trovano nei campi profughi del Libano. Persone fragili bisognose di sostegno. Un segno, non poi così piccolo nel suo significato, di scelte più umane e di solidarietà. 

5. Il contributo dei migranti Luogo comune da sfatare: una ricerca dell’Università di Milano e dell’Insubria rivela che i migranti portano nelle casse dello Stato 4,6 miliardi di euro. Molto di più di quanto ricevono, almeno finora. E’ un dato che si riferisce al 2023, ma la tendenza non sembra essere cambiata. E’ una cifra che smentisce tanti luoghi comuni e pregiudizi. 

6. Vite donate Quattro suore hanno perso la vita in un incidente stradale in Tanzania. Erano suore missionarie carmelitane: la madre generale e le consigliere. Una era italiana. Donne che hanno donato la vita e l’hanno persa svolgendo la loro missione Ricordiamole con riconoscenza. dt

Commenti

Post popolari in questo blog

LA MIA SCALA DEI VALORI, OGGI di C. V. carcere di Monza - Reparto Luce Cella 211

STRETTA ALLE ATTIVITÀ CULTURALI IN CARCERE

I detenuti intervistano la direttrice Cosima Buccoliero a cura di E.N.