Numero 37/25 14 settembre 2025 Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 37/25 14 settembre 202



Esaltazione della Santa Croce La forza della croce 

Una delle richieste più frequenti da parte dei carcerati, dopo quella del tabacco, è poter ricevere una croce o un rosario da mettere al collo. Capita anche che qualcuno non cristiano lo chieda. Si può pensare che non siano vere richieste che nascono da una vita di fede, da un desiderio di conoscenza di Gesù e da un amore per lui. Può essere ma non ne sarei così sicuro. Del resto cosa esprimono le croci, anche in oro, che molti portano al collo e che si regalano in occasione di prime comunioni o cresime? O il segno della croce che ancora oggi tanti atleti fanno prima di una gara? Il rosario messo tra le mani dei defunti? E le croci che i vescovi e le religiose portano sul petto e i preti appese alla giacca o al maglione? Le fatiche costate per erigere una croce in cima alle montagne? Sono tutte espressione di una grande fede? Lasciamo al Signore il giudizio, ammesso che sia interessato a farlo. Non spetta a noi giudicare. Mi colpisce però la forza della croce. Non sempre compresa, più la si capisce e più scopriamo lo scandalo che porta con sé ma anche, conoscendola, che la croce è amore. “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” disse Gesù davanti a una numerosa folla pensando alla propria morte. Gesù in croce attira a sé, quella morte, pur espressione di fallimento e scandalo, è capace ancora oggi di affascinare, di aprire i cuori e le menti. La croce che non promette ciò che il mondo offre e l’uomo ambisce di possedere. Perché guardare alla croce, perché allora lasciarsi affascinare e coinvolgere in una splendida avventura che invece promette uno stile di vita diverso, quello di Gesù? Forse le grandi promesse che il mondo offre non sono così belle come sembra, non rispondono alle vere domande che l’uomo si pone, forse si intuisce che sono poco più che illusioni. E un mondo che alle base ha solo illusioni, che dà priorità al potere e alla ricchezza, dimenticando in modo colpevole il rispetto di ogni uomo non ci porterà molto lontano e comunque in un mondo dove ciascuno pensa a se stesso o al proprio gruppo, però poi lamentandosi perché ormai c’è troppo egoismo in giro (che comunque è sempre dell’altro). La croce, che dice amore e offerta di sé per il bene di tutti, e che resta uno scandalo per i benpensanti, interpreta il desiderio dell’uomo di vivere per cose grandi, di uscire dalla schiavitù delle cose, la forza per giocarsi la vita per qualcosa che vale e darà senso a ogni nostro giorno, e che non ci deluderà. Continuiamo a portare le croci al collo, anche se non siamo grandi uomini di fede, è Gesù che ci attira. dtiziano.

L’estate in carcere, meno male che è finita 

Il sovraffollamento carcerario - di cui scriviamo spesso su DentroFuori - è un male endemico del sistema penitenziario italiano. Si combina con lo stato di grave degrado o parziale inadeguatezza dei molti istituti di pena, vecchi e pensati per un tipo di detenzione che non è più accettabile nel 2025, senza contare il fatto che, nei numeri, a fine agosto le persone presenti nelle carceri italiane erano oltre 63.000. Era dai tempi del grande sovraffollamento penitenziario, intorno al 2010, quando i detenuti superavano le 70 mila unità (che portò l'Italia ad essere condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani), che non si arrivava a questi numeri. Dopo la sentenza Torreggiani del 2013, si è registrato un calo delle presenze grazie a provvedimenti come l'ampliamento della liberazione anticipata, ma il sovraffollamento è tornato a crescere inesorabilmente. Il tragico risultato - il più lampante - di questo “malessere” delle nostre prigioni è il numero di suicidi. Come avviene ormai da diversi anni l'estate è una stagione drammatica per i suicidi in carcere. Molte attività si fermano, sia quelle scolastiche che quelle di volontariato, e le persone sono più sole. Finora a togliersi la vita nel 2025 sono state 61 persone e, di queste, 23 da quando è iniziata questa stagione. Durante questi neanche tre mesi si sono registrati i suicidi di tre donne (quattro in totale quest'anno, numeri che difficilmente in passato si erano registrati) e quello di un ragazzino di 17 anni (recluso in un Istituto Penale per Minorenni). Sono ormai 59 gli istituti penitenziari in cui il tasso di affollamento è pari o superiore al 150% (tre persone ogni due posti disponibili), e 8 istituti hanno ormai un tasso di affollamento del 200% o oltre. Lucca (262%), Milano San Vittore (226%), Foggia (214%), Brescia Canton Mombello (205%), Busto Arsizio (204%), Latina (204%), Lodi (202%) e Como (200%). Nelle carceri si sta sempre peggio e sempre meno la pena si sconta nell’ambito della legalità costituzionale. Nella lunga estate carceraria, quando il tempo recluso si ferma ancor più che negli altri periodi dell’anno e il carcere è ancor più abbandonato a se stesso, il sovraffollamento rende le persone ancor più invisibili e anonime, con gli operatori penitenziari pure loro in grande difficoltà. Da quando Nordio ha presentato il suo piano carceri, con al centro l'edilizia penitenziaria come soluzione al sovraffollamento, il ritardo dei lavori che andrebbero eseguiti con i fondi del PNRR comporta il rischio di perderli; mentre è stata ritirata la gara d'appalto bandita a marzo per la costruzione di strutture prefabbricate all'interno di alcune carceri già esistenti. La spesa iniziale prevista, circa 32 milioni, non è sufficiente e ce ne vorranno almeno 45. Per quanto riguarda i provvedimenti per le persone detenute tossicodipendenti, anche questi anticipati dal Ministro, il 5 agosto è stata presentata una proposta di legge alla Camera dei Deputati. Ad oggi, tuttavia, non è stata neanche assegnata alla Commissione parlamentare competente. I tempi si dilatano e il sovraffollamento nel frattempo continua a crescere, così come anche i suicidi. e.n.

Un Giubileo senza esclusioni 

Sabato scorso hanno varcato in pellegrinaggio la Porta Santa alcuni gruppi di credenti omoaffettivi e trans, tra cui gli aderenti all’associazione “La Tenda di Gionata”. “Una comunità per troppo tempo tenuta ai margini della Chiesa. Liberiamoci dai pregiudizi, occorre restituire dignità” ha dichiarato mons. Francesco Savino. La mamma di una ragazza transgender: “Devo anche chiedere perdono per quei momenti in cui la mia paura e la mia ignoranza hanno finito per bloccare il mio amore per lei”. Così un diacono permanente, svedese, padre di una figlia lesbica: “Molti anni fa, quando mia figlia fece coming out, per me fu uno choc. Negli anni, però, ho compiuto un cammino che mi ha trasformato”. Il cardinale di Madrid José Cobo ha voluto inviare un messaggio: «Le comunità cristiane, anch’esse in cammino e desiderose di evitare ogni forma di ingiusta discriminazione e processi che ci disumanizzano, oltre ad accogliere, sono chiamate a promuovere una cultura del dialogo, dell’accompagnamento e dell’inclusione concreta di chi desidera camminare nella Chiesa». Un pellegrinaggio che ha voluto essere solo un cammino di fede per persone che credono nel vangelo e desiderano essere il più possibile buoni cristiani. C’è un’appartenenza che unisce tutti, senza distinzioni: siamo figli di Dio e tra noi fratelli. La Chiesa deve imparare a tenere le porte aperte: è la casa di tutti. 

Quando si prendono le distanze 

Diversi giornali hanno riportato la notizia di quanto accaduto a Napoli, frutto di intolleranza, pregiudizi radicati, ma anche di ignoranza. Un padre insulta la figlia e cerca di aggredirla perché è omosessuale. Si sentiva tradito nel suo orgoglio di maschio, provava vergogna per una figlia che, secondo lui, lo disonorava, convinto che la figlia non sia “normale”? Avrebbe accettato meglio una figlia disabile nel fisico? Presentandosi nel bar dove la figlia stava lavorando, gridando la invitava a cambiare cognome. Stava dicende: non sei più della mia famiglia, non ti conosco, stai alla larga. Episodi del genere accadono. Mese di marzo a Ercolano: i genitori di una ragazza lesbica la sequestrano e le impediscono di uscire di casa perché non vogliono che frequenti un’amica con cui ha una relazione. I pregiudizi sono davvero duri a morire, tolgono lucidità, ci rendono cattivi, ci possono metterci contro anche ai familiari.


Ri(flessioni) 

1. Suicidi in carcere Altri tre suicidi nelle carceri in questa ultima settimana. Dall’inizio dell’anno sono ormai 61 le persone che si sono suicidate. Nel sostanziale silenzio, o con riflessioni e propositi poco adeguati, da parte delle Istituzioni. Firenze, carcere di Sollicciano, uno dei più problematici: una giovane donna rumena, di soli 26 anni, si è impiccata usando un lenzuolo. Un’altra donna, Daniela, di 52 anni, con la stessa modalità, si è tolta la vita nel carcere femminile di Rebibbia. E sempre a Roma, sempre impiccandosi, è morto un uomo di 35 anni, italiano. Aveva già tentato il suicidio nel mese di luglio. Gravemente malato di cancro, si trovava comunque in carcere. 

2. Da comprendere? I fatti: un uomo picchia la moglie e le rovina il volto. Il giudice di Torino stabilisce che il reato commesso è di lesioni personali, e non maltrattamenti, e infligge una pena di un anno e sei mesi, con attenuanti e condizionale, al posto dei quattro anni e sei mesi chiesti dall’accusa. L’imputato è rimesso in libertà. La motivazione: l’uomo va compreso, perché quanto accaduto è conseguenza “della dissoluzione della comunità domestica, umanamente comprensibile”. Andrebbe compresa anche la donna, però. Sentenze che sembra diano la libertà di mettere in atto azioni scorrette quando si è in situazione di disagio o dissoluzione sociale. 

3. Ucraina: strage in Posta Ventiquattro ucraini all’ufficio postale per ritirare la pensione sono stati uccisi dallo scoppio di una bomba lanciata da aereo russo. Ci si può chiedere se questa è ancora guerra; e anche condannare questi episodi di uccisioni di civili. Ma è la guerra stessa che deve essere condannata, perché la guerra è così, e non c’è guerra dove non ci sia orrore e morte per i civili. E comunque non è accettabile neanche quella dei soldati. 

4. La guerra è sempre e solo morte Nigeria, città di Darul Jama, vicino al confine con il Camerun: un numeroso gruppo di jihadisti sono entrati in città e hanno massacrato, scovandoli nelle case, ben cinquantacinque persone tra cui cinque soldati. Per alcuni uccidere sembra una cosa da poco, per altri è come se fosse un gioco; altri ancora vedono le guerre come un’occasione per mettere a posto un po’ le cose. 5. Sempre meno umani Grazie per la vostra accoglienza. Tante vittime dalle profondità del Mare nostrum gridano non solo al cielo, ma ai nostri cuori. Parole di papa Leone agli abitanti di Lampedusa. Le vittime del mare ci ricordano che non siamo capaci di compassione, che il dolore dell’altro non ci tocca, che siamo sempre più indifferenti. Sempre meno umani. dt

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