Numero 35/25 31 agosto 2025 XXII domenica Tempo Ordinario - Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza
La giustizia chiama, lo Stato non risponde Ennesima lettera di importanti operatori della giustizia alle autorità dello Stato sulla pessima condizione delle carceri italiane. Questa volta la firmano il presidente dell’Associazione italiana professori di Diritto penale, Gian Luigi Gatta, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Cesare Prodi e il presidente dell’Unione Camere penali italiane Francesco Petrelli. E avrà lo stesso risultato delle altre: forse risposte formali, ma nella sostanza non porterà a nulla. L’allarme parte dell’enorme numero dei suicidi, 56 dall’inizio dell’anno, “indice - affermano gli autorevoli firmatari - di inaccettabili condizioni di vita dei detenuti”. In sostanza: il sovraffollamento. Una “palese violazione dei principi costituzionali della dignità umana e della finalità rieducativa della pena e degli impegni internazionali assunto dal nostro Paese in materia di diritti umani”. Le soluzioni – e lo abbiamo già sentito, per esempio dei Garanti dei detenuti - sono: liberare chi è a fine pena e rafforzamento delle pene sostitutive. Poi: incremento degli Uffici di sorveglianza e del personale educativo, sanitario e psicologico e ampliamento degli Uffici di esecuzione penale esterna. Ancora più importante, revisione delle politiche penali che contribuiscono al sovraffollamento, come decreto Caivano e decreto sicurezza. Tutte proposte che sono le soluzioni più veloci e realistiche per diminuire da subito il sovraffollamento. Via chi ne ha diritto già con le norme in vigore adesso e meno entrate abolendo le leggi che hanno inventato nuove pene e allungato quelle già esistenti. Altro non c’è: né costruire nuove carceri né blaterare di misure alternative di là da venire. g.d.a La detenzione come "comfort zone" Nella mia esperienza di detenuto, devo ammettere di essermi sentito come in una “bolla”, in quella che gli psicologi chiamano “comfort zone”, lo stato psicologico nel quale un individuo si sente a proprio agio e sperimenta bassi livelli di ansia; all'interno della zona di comfort, i comportamenti e le prestazioni dell'individuo divengono costanti nel tempo, pur nelle tante difficoltà e con le molte incoerenze e anche ingiustizie del “sistema”. La barriera che la detenzione carceraria erige rispetto al mondo di fuori, ai pericoli, ai rischi, alle sfide, nel momento in cui “separa” e “rinchiude”, in un certo qual modo “protegge” e “assicura”. Negli anni trascorsi dentro al di là di singoli episodi critici - a cui ho assistito più che partecipato, devo ammettere - ho saputo e potuto trovare un punto d’equilibrio: merito anche delle persone che ho incontrato e conosciuto, per forza o per caso, agenti, educatori, operatori, compagni detenuti, e un po’ anche merito mio; diciamo che forse sono stato anche un po’ fortunato. E’ per questo che colpisce e fa sconcerto leggere le ultime notizie (8 agosto) riguardo a quel che emerge dall’indagine della procura di Milano sui presunti pestaggi e torture nei confronti dei giovani detenuti nel carcere minorile Beccaria. I giovani, pur “criminali”, se possibile sono ancora più fragili: per questi ragazzi la “comfort zone” sembra si sia trasformata in una zona di pericolo. e.n.
L’orrore a Gaza continua. - Altre 20 vittime nell’attacco israeliano all’ospedale Nasser di Khan Younis. Quattro tra medici e infermieri e cinque giornalisti sono rimasti uccisi. Ci sono state reazioni di condanna un po’ in tutto il mondo. Servirebbero però non solo parole ma azioni concrete capaci di fermare i crimini che si commettono ogni giorno. La giornalista rimasta uccisa, Mariam Abu Dagga, ha scritto una lettera-testamento al figlio dodicenne. Vale la pena leggerla, meditarla, lasciarsi commuovere, toccare con mano quanto sia inumana la guerra, non voltarsi dall’altra parte, e se anche ci sentiamo impotenti non perdiamo occasione per far sentire la nostra voce. Una madre, con il cuore colmo di amore per il figlio, una madre che sapeva amare. Da un comunicato stampa: Mariam si recava regolarmente in ospedale per raccontare in immagini le storie dei bambini affamati. Ma che aveva anche la morte nel cuore: sapeva di poter perdere la vita da un momento all’altro. Ha voluto lasciare qualcosa di sé al figlio, ciò in cui credeva. Ghaith, cuore e anima di tua madre, ti chiedo di non piangere per me, ma di pregare per me, così che io possa restare serena. Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio. Non dimenticare che io facevo di tutto per renderti felice, a tuo agio e in pace, e che tutto ciò che ho fatto era per te. Quando crescerai, ti sposerai e avrai una figlia, chiamala Mariam come me. Tu sei il mio amore, il mio cuore, il mio sostegno, la mia anima e mio figlio. Colui che mi fa alzare la testa con orgoglio. Sii sempre felice e conserva una buona reputazione. Ti prego, Ghith: la tua preghiera, poi ancora la tua preghiera, e poi ancora la tua preghiera. Mariam - Dichiarazione del cardinale Pietro Parolin: Restiamo allibiti di fronte a quello che sta succedendo a Gaza nonostante la condanna del mondo intero. - Il card. Pizzaballa e Teofilo III, Patriarchi cattolico e greco ortodosso di Gerusalemme, hanno scelto di restare nella Striscia di Gaza insieme al loro popolo. Hanno ribadito con chiarezza: non c’è alcun motivo che giustifichi la deportazione di civili. È tempo di porre fine alla spirale di violenza, di fermare la guerra e di mettere al centro il bene comune della popolazione. - Ebrei, musulmani e cristiani uniti per la pace. I rappresentanti di tre grandi religioni si sono ritrovati per lavorare insieme nella ricerca di una strada che conduca alla pace. Hanno pubblicato un comunicato. Questo appello nasce dalla convinzione dell’improrogabile necessità di favorire qualsiasi iniziativa di incontro per arginare l’odio, salvaguardare la convivenza, purificare il linguaggio e tessere la pace. Continueranno a incontrarsi per compiere passi concreti di conversione e ricerca della pace. dt.
Ri(flessioni) 1. Suicidi in carcere Altri due suicidi in carcere. Nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto si è tolto la vita un uomo 48 anni, di nazionalità indiana. Impiccagione. A Busto Arsizio, anche lui impiccandosi, si è tolto la vita un uomo di 61 anni, italiano. In carcere da soli dieci giorni. A Cremona un detenuto è morto dopo aver aspirato il gas della bomboletta da camping usata per cucinare. Potrebbe essere suicidio. Dall’inizio dell’anno sono ormai 58 i suicidi accertati. Molti avvengono nei primi giorni di detenzione. 2. Sovraffollamento Ultimi dati pubblicati: - 63.019 persone detenute - 46.705 posti disponibili - 134, 93% il tasso di sovraffollamento, ma che in alcuni carceri raggiunge anche il 200%. 3. Davvero giustizia è fatta? Nonostante fosse un uomo con grave disabilità cognitiva, Curtis Windom è stato giustiziato giovedì, in Florida, con una iniezione letale. Condannato a morte per aver ucciso tre persone nel 1992. E’ la trentesima esecuzione che avviene negli Stati Uniti nel corso del 2025, e l’undicesima in Florida. Nonostante gli appelli giunti un po’ da tutto il mondo per un gesto di clemenza ma che non sono serviti, neanche in questo caso. Non so se questa è giustizia. 4. Sparatoria in una scuola Un giovane di 23 anni, armato di un fucile, regolarmente acquistato, è entrato in una scuola cattolica di Minneapolis e ha sparato sui bambini che in quel momento si trovavano in chiesa. Due alunni sono morti sul colpo e altri quindici feriti, alcuni gravi. Anche tre insegnanti sono rimasti feriti. Avvengono troppo spesso negli Stati Uniti queste tragedie. Sicuramente circolano troppe armi. Ma è anche il segno di una società che non riesce più a educare le nuove generazioni. E non solo in America. 5. Presi di mira Ora anche spari contro le navi che, con tante difficoltà, cercano di soccorrere i migranti che rischiano di perdere la vita in mare. In acque internazionali la Guardia libica ha esploso centinaia di proiettili contro la nave Ocean Viking che trasportava 87 naufraghi da poco soccorsi. Cos'altro deve succedere perché l'Italia smetta di finanziare queste pericolose milizie criminali? si chiede l’Ong Sea Watch. 6. Grazie Cinque escursionisti hanno lavorato due giorni per ripristinare un bivacco sull’Adamello, a 3147 mt. Senza chiedere nulla. Passione per la montagna, certo. Ma non solo. Grazie, ragazzi! dt
don Tiziano, cappellano del carcere di Monza
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