Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 21/25 25 maggio 2025 Sesta domenica di Pasqua

 


...prenderemo dimora presso di lui 

Non so se siamo più portati a compiere il bene o il male. Caino e Abele così diversi tra loro, eppur fratelli. Iniziamo la vita tutti allo stesso modo e un istante dopo si percorrono strade diverse. Accuditi, amati e seguiti con amore alcuni, sembra che per loro tutto sarà facile; altri altrettanto amati dai genitori ma in contesti di estrema povertà o guerra, sembra che per loro tutto sarà difficile; alcuni segnati da gravi problemi di salute che li accompagneranno per tutta vita, sembra che non dovranno mai smettere di lottare; altri ancora non amati, considerati prima un peso e poi una possibile risorsa ma non del tutto limpida, senza mai ricevere gesti di affetto, nessuna educazione se non quella negativa di comportamenti sbagliati, sembra che per loro le speranze siano poche. Si nasce tutti allo stesso modo, ma per la splendida avventura della vita c’è chi parte ben attrezzato, alle volte fin troppo, e chi invece senza neanche l’indispensabile. Le scelte che nella vita si compiono scaturiscono dalla nostra storia, dalla bellezza che abbiamo ricevuto o da una visione distorta che ci è stata inculcata, dal male sperimentato e subìto. Dunque, siamo più portati a compiere il bene o il male? Papa Francesco più volte riferendosi alle persone in carcere disse: “Perché loro e non io?” Una frase che sembra riassumere tutta la complessità della vita umana, della responsabilità del singolo, del peso dei condizionamenti esterni, della libertà personale che comunque ogni uomo deve sempre salvaguardare. C’è una frase di Gesù nel vangelo di oggi che mi aiuta, se non a dare una risposta definitiva alla domanda, almeno a fare un po’ di luce: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,25). Siamo chiamati ad aprirci a una presenza, a non sentirci soli, a non essere come figli non amati o addirittura abbandonati e misconosciuti. L’uomo è dimora di Dio, c’è la possibilità di una comunione con Dio che ci rende amici, familiari, un sentirci amati capace stravolgere la nostra vita, di superare il male ricevuto, di scoprire il buono in ciascuno di noi. S. Agostino diceva: Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te. Questa è la via per gustare quella pace, quella pienezza di vita, che non è quella del mondo ma quella donata da Cristo risorto: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. dtiziano

Sul caso De Maria 

Poco più di una settimana fa si è parlato molto, sulla stampa e in tv, del caso Emanuele De Maria: un detenuto del carcere di Bollate, ammesso al lavoro esterno, che "improvvisamente" decide di non presentarsi al lavoro, uccide una collega di lavoro, accoltella un altro collega, e poi si suicida gettandosi dal tetto del Duomo di Milano. Qualche tempo prima De Maria era stato intervistato da una tv: “Il lavoro che svolgo io non oserei neanche definirlo come un lavoro, tanto lo faccio con passione”. Sorridente, in giacca e cravatta accoglieva i clienti dell’hotel dove lavorava. Sembrava un detenuto che sta cercando di pianificare la vita dopo il carcere: condannato a 15 anni per l’omicidio di una ventitreenne nel 2016, con fine pena fissato a inizio 2031. E invece? il baratro: i giudici stabiliranno il come e il perché. Ma sulla opportunità di concedere misure alternative (come l'art. 21 cui De Maria era stato ammesso) è scoppiato un pandemonio, con molti politici e opinionisti a chiedere una stretta general generica! 

Misure alternative al carcere 

Le misure alternative al carcere sono sicure e producono sicurezza. Sono meno dell'1% quelle che vengono revocate per la commissione di nuovi reati, mentre la recidiva è del 70% per chi sconta l'intera pena in carcere. Mettere in discussione questi strumenti per un singolo caso di cronaca è sbagliato e anche pericoloso proprio per la sicurezza. Se si considera che, secondo i dati di marzo 2025, risultavano 97.009 le persone che stavano eseguendo una qualche misura di comunità nel nostro paese. Un numero in crescita da molti anni e senza il quale le carceri italiane - già super affollate - sarebbero esplose da tempo. Del totale, l’89,1% erano uomini e il restante 10,9% donne. Nel corso del loro svolgimento, queste misure possono essere revocate per una serie di motivi (la persona perde il lavoro o resta senza casa, ma anche per comportamenti non corretti o per la commissione di nuovi reati). La media delle revoche è stata nel 2024 del 12,6% del totale delle misure, assai più bassa, dell’8,2%, se si guarda al solo lavoro all’esterno (art. 21). Dai dati più recenti disponibili risulta che la percentuale di revoche dovuta alla commissione di nuovi reati si attesta sotto l’1%, e solo una parte minoritaria di questi riguarda reati contro la persona. e.n.

Papa Leone e “Il seminatore al tramonto” 

I papi sono soliti tenere un’udienza generale ogni mercoledì. Leone XIV, nella sua prima udienza, per spiegare la parabola del seminatore (Mt 13,3) ha preso spunto dal celebre quadro di Vincent van Gogh “Il seminatore al tramonto”. Pittore olandese, Van Gogh nacque il 30 marzo 1853. Morì a soli 37 anni, dopo una vita segnata da grandi sofferenze, ma anche da una cospicua produzione artistica. Alquanto incompreso in vita, il suo genio artistico fu riconosciuto soprattutto dopo la morte. Il dipinto Seminatore al tramonto, realizzato nel 1888 in Provenza, è conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo. Ecco le parole del papa: Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: Il seminatore al tramonto. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Non sappiamo bene come, ma è così. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme.

Buone notizie da Genova...

Ci sono pennarelli, libri e giochi ed educatori e psicologi che intrattengono i piccoli mentre i famigliari passano i controlli. Si chiama Spazio Barchetta ed è all’interno del carcere di Marassi, a Genova. Dà direttamente sulla strada ed è dedicato ai figli dei carcerati per dare loro un sostegno emotivo e psicologico in un momento difficile della loro vita. Undici specialisti parlano e giocano con i 130 bambini e ragazzi che mediamente entrano in carcere a visitare il loro papà. Ogni due mesi poi ci sono incontri per tentare una “genitorialità normale” tra giochi, sport, attività. Bello.

...e cattive dalla Francia

Il governo francese ha stanziato 400 milioni di euro per aprire una grande prigione di massima sicurezza nella lontana Guaiana, territorio francese in Sudamerica. Tra metà Ottocento e inizi Novecento lì c’era il carcere dell’isola del Diavolo, dove vennero detenuti Alfred Dreyfus, un ufficiale ebreo protagonista di un famoso caso di ingiustizia, ed Henri Charrière, l’altrettanto famoso Papillon protagonista di una rocambolesca evasione. gd.

Porti lontani 

Mi è difficile capire la logica che guida la scelta del Governo di assegnare, come porti in cui sbarcare i migranti soccorsi in mare, località molto distanti dal luogo di salvataggio. La motivazione ufficiale è di voler alleggerire la pressione sui centri della Sicilia e distribuire meglio i migranti sul territorio italiano. Questo però ha comportato, solo nei primi mesi di quest’anno, ventidue navi inviate in porti lontani con tempo perso, sottratto ai salvataggi, e aggravio dei costi, oltre a duemila persone, già stremate da una pericoloso viaggio in mare, costrette a giorni in più di sofferenza. Mi sembra più una scelta priva di umanità, come tante altre, con il solo scopo deterrente di scoraggiare, se non criminalizzare, non solo i criminali ma anche la povera gente. dt.

Ri(flessioni). 

1. Buona notizia? Sembrava una buona notizia l’annuncio che gli aiuti alimentare potessero riprendere nella striscia di Gaza. Ma, secondo gli operatori che vivono sul posto, lo è in misura minima. E’ come una goccia d’acqua in un deserto arido. Nei magazzini ci sono viveri appena sufficienti per un bambino su tre, e basteranno al massimo per un mese. Ci sono bambini e donne in gravidanza gravemente malnutriti. E’ incredibile dover assistere a simili tragedie ancora oggi. Non potremo mai dire che non ne eravamo a conoscenza, ma troppi dovranno dire di essersi girati dall’altra parte. Ma sarà troppo tardi.

2. Il vero volto della guerra 1 Ha visto portare i suoi figli nell’ospedale in cui lavora, morti sotto le macerie dopo un bombardamento nella striscia di Gaza. E il marito, gravemente ferito. E’ quanto accaduto alla dottoressa Alaa Al-Naiyar, pediatra. Nove dei suoi dieci figli sono morti. Questo è il vero volto della guerra. Tutto il resto, tutte le parole che si dicono, le giustificazioni che si adottano, sembra tutto impallidire di fronte al dolore di questa madre e a un popolo che rischia di scomparire. Ma questo è il vero volto della guerra. Che non porterà mai alla pace. 

3. Il vero volto della guerra 2 Anche quanto avvenuto, pur se di ridotta entità, ci dice quale sia il vero volto della guerra. Due giovani, Yaron e Sarah, fidanzati, prossimi al matrimonio che avrebbero celebrato a Gerusalemme, impiegati presso l’ambasciata israeliana, sono stati uccisi davanti al museo ebraico di Washinghton da un uomo che ha sparato a bruciapelo al grido di “Palestina libera”. Due giovani che credevano nel dialogo e nella possibilità della pace. L’odio genera solo odio. Ancora una volta: questo è il vero volto della guerra. 

4. Troppo zelo (pericoloso e illegale) La polizia municipale di Verona ha multato un uomo, senza dimora, che stava chiedendo l’elemosina “seduto a terra a capo chino, in maniera del tutto passiva e senza dare nessun fastidio ai passanti con atteggiamenti violenti o minacciosi” (così si legge nel ricorso presentato da un avvocato di strada). In più ha ricevuto un Daspo, l’obbligo di allontanarsi dalla città. Il tutto però annullato dal Consiglio di Stato. Lieto fine, certo. Fino a un certo punto, però. Rimane l’amaro in bocca per una crescente mancanza di umanità, per l’accanimento verso i più deboli, e per comportamenti ai limiti della legalità, e anche oltre, di chi detiene il potere (e spesso rimane impunito). dt

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