Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 20/25 18 maggio 2025 Quinta domenica di Pasqua



Con quale amore? E’ proprio nuovo anche per noi il comandamento che ci lasciò Gesù? Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni e gli altri. Non certo nuovo se pensiamo a quante volte lo abbiamo sentito, o letto, o meditato. Al punto che lo percepiamo tutt’altro che nuovo, con il rischio di sottovalutarne la forza dirompente. Sempre nuovo invece, perché questo comandamento è un dono di Gesù che si rinnova e di cui ne abbiamo un estremo bisogno. Mantiene tutta la sua forza anche se è da duemila anni che Gesù lo ha insegnato, che la chiesa cerca di annunciarlo, da duemila anni che tanti cristiani lo hanno messo in pratica (e anche tanti santi uomini e sante donne non cristiane), ma anche da duemila anni che troppi cristiani né lo capiscono né lo vivono. Anche se non credo sia possibile riconoscere quelli che seguono questo comandamento da quelli che non lo seguono. Lo sappiamo seguire, oggi. Magari domani ce ne allontaniamo. O esattamente il contrario. Oggi chiusi in noi stessi, nella nostra grettezza, insensibili alla sofferenza del fratello, incapaci di un gesto d’amore disinteressato e sincero. Magari domani capaci di compiere gesti così belli, che stupiscono noi stessi. Stiamo però attenti che l’amarsi gli uni e gli altri, di cui parla Gesù, non è semplicemente quella bontà, e per fortuna che ci sia, che possiamo trovare in tutti gli uomini e le donne di questa terra, quella bontà che è patrimonio di tutti. E’ la bontà stessa di Dio, quella bontà che ci avvolge da sempre, che chiede di essere accolta, apprezzata, ma anche ripetuta nella nostra vita, fonte di ispirazione per le scelte quotidiane. Devo poter dire: vivo così, compio queste scelte e non altre che avrei preferito, mi metto al fianco di chi ha bisogno anche se non mi è troppo simpatico, continuo ad amarlo anche se non merita, perdono anche se sono stato offeso, e tutto questo lo faccio perché mi sento amato, perché questo occhio di riguardo e di amore sento che il Signore lo riserva a me, neanch’io troppo meritevole dell’amore che ricevo. Il vangelo di oggi termina ricordandoci che come cristiani abbiamo una responsabilità: da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. Anche qui dobbiamo riconoscere che si possa dire: i cristiani sanno volersi bene e fanno tante opere di carità; ma anche, i cristiani sono come tutti gli altri, né meglio né peggio. Intendendo però: cattivi come tutti. Che ne abbiamo fatto del vangelo? dtiziano

Diritto all’affettività 

L’11 aprile è uscita la circolare del DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) che detta linee guida sul diritto all’affettività e alla sessualità in carcere, affermato dalla Corte costituzionale in una storica sentenza emessa ormai quasi un anno e mezzo fa. La frequenza e la durata saranno quelle dei colloqui ordinari: massimo sei al mese, da due ore ciascuno; dovranno svolgersi in una camera apposita, “arredata con letto e annessi servizi igienici“, fuori dallo sguardo degli agenti di Polizia penitenziaria. Sulla base dei numeri del 2024, il Dipartimento stima in “almeno 16.912 i potenziali beneficiari del diritto ai colloqui riservati”, che, come chiarito dalla Consulta, potranno avvenire solo con “il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona stabilmente convivente“. Due categorie di detenuti dovrebbero avere la precedenza: quelli non beneficiari di permessi e quelli con le condanne più lunghe, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza. La porta dei locali adibiti a tali colloqui non potrà mai essere chiusa dall’interno. I partner potranno portare asciugamani, lenzuola o altro, ci saranno apposite perquisizioni e controlli prima e dopo i colloqui. Le pulizie e le sanificazioni saranno svolte da un detenuto ammesso al lavoro esterno, che non abbia quindi contatti con la restante popolazione dell’istituto. Solo una quindicina di istituti su 200 sono già pronti a partire. Se in generale il provvedimento del DAP è salutato con favore, non mancano spunti critici sia da parte degli operatori del sistema carcerario sia anche tra gli stessi detenuti: c’è chi pronostica possibili ricadute in termini di degrado igienico-sanitario. Tra i detenuti, non pochi sollevano anche una questione di decoro morale e di eccessiva esposizione pubblica per sé e per il o la propria partner. Certamente il provvedimento interviene a riaffermare l’esercizio di un diritto, ma non è un’imposizione per chi non ne vorrà usufruire. e.n. 

Qualcosa si muove

Del tutto inaspettate le dichiarazioni di Ignazio La Russa, presidente del Senato, rilasciate nell’ambito di un Convegno organizzato a Roma dalla cooperativa “La valle di Ezechiele” di Busto Arsizio: Per un gesto di clemenza nelle carceri. Le carceri italiane presentano tante criticità, da tanto tempo, che rendono la vita dei detenuti molto dura, infliggendo ulteriori pene alla già pesante privazione della libertà. Soprattutto è il grave sovraffollamento il problema da affrontare in tempi stretti. Troppe persone in spazi insufficienti creano disagi, rendono difficili i rapporti personali, spingono a episodi di violenza. Non si deve rispondere semplicemente che si costruiranno nuove carcere. Anche se ciò avvenisse non è una risposta all’emergenza attuale, e credo neanche una scelta giusta. Servono tanti anni per costruire un nuovo carcere. Finora è sempre stata esclusa la possibilità di qualsiasi gesto di clemenza. Durante il Convegno Ignazio La Russa sembra aver aperto uno spiraglio in riferimento alla proposta del deputato Roberto Giachetti per una liberazione anticipata, aumentando i benefici da 45 a 60 giorni di sconto ogni sei mesi de detenzione. Queste le sue parole: Farò moral suasion perché se ne discuta. Fa pensare che finora, nonostante l’argomento carceri sia finalmente tema di cui si parla, non sia stato preso in considerazione. Almeno adesso, se ne parlerà, si discuterà, si ascolteranno le motivazione di tutti. Almeno così si spera. Un gesto di clemenza, pensato e realizzato bene, significa misericordia, perdono, e penso sia anche un atto capace di esprimere meglio la giustizia. I detenuti dovrebbero cogliere il gesto di clemenza come una manifestazione di fiducia da non sprecare. I cittadini non dovrebbero pensare che sia un semplice colpo di spugna, un pagare meno di quanto si dovrebbe, e neanche poca attenzione verso coloro che i reati li hanno subiti.



José Mujica: un politico amico dei poveri 

Allora è possibile, contrariamente a come si dice di solito, essere un politico, arrivare al potere e rimanere onesto, fedele agli ideali in cui si credeva. L’ex presidente dell’Uruguay, José Mujica, detto Pepe, stimato e amato dai cittadini, definito povero e amico dei poveri, è morto in questi giorni, all’età di anni ottantanove. Ha saputo conquistare il rispetto degli uruguaiani, e tanta è stata la commozione quando è giunta la notizia della morte. Aveva uno stile di vita coerente con il suo pensiero, un modo di esercitare il potere che raramente vediamo realizzato nei potenti della terra. E’ stato definito anche il Capo di Stato più umile del mondo. Anche il guerriero ha diritto al suo riposo: con queste parole, pronunciate qualche tempo fa, seppe mettersi da parte, riconoscendo che il suo tempo era finito. Donava quasi interamente (sembra il 90%) lo stipendio in beneficienza, ai poveri, alle Organizzazioni umanitarie e a piccoli imprenditori. Ora ha ricevuto gli onori di tutto il Paese. A tutto il mondo ha dato l’esempio di come sia indispensabile e necessaria una politica al servizio di tutti i cittadini, con uno sguardo e un amore speciale per i poveri. dt.

Ri(flessioni)

1. Giovani: aumento criminalità 

Un fenomeno che dovrebbe preoccupare tutti: sempre più ragazzi giovani commettono reati, anche molto gravi. Furti, rapine, spaccio, lesioni, ma anche violenza sessuale e omicidi. Ragazzi che non hanno il senso della realtà, che considerano tutto come un gioco, ma soprattutto non hanno rispetto e non conoscono il valore della vita. Ma cosa hanno ricevuto soprattutto dalla famiglia, ma anche dalla scuola e dalla società intera? E adesso cosa ricevono? Non esistono ragazzi cattivi: è il titolo di un libro di don Claudio Burgio, prete dei ragazzi del carcere Beccaria.

2. Educare Antonina D’Onofrio, direttrice del carcere di Bergamo, sostiene che il problema della violenza giovanile sia da affrontare sul piano dell’educazione. “Ormai in carcere non si parla nemmeno più di rieducazione ma di educazione vera e propria... Serve uno sforzo di tutti per costruire un modello che sostenga le famiglie e le scuole, ormai in evidente difficoltà di fronte a queste manifestazioni violente. Lavoro lungo e complesso ma inevitabile, niente ci è regalato, si raccoglie ciò che si semina. A meno di rassegnarci a sentire ogni giorno notizie raccapriccianti di ragazzi che commettono reati, odiosi e gravi, rovinandosi la vita. Come purtroppo avviene troppo di frequente. 

3. Disarmare le parole Così papa Leone si è rivolto ai giornalisti che hanno seguito le vicende della morte di Francesco e il successivo Conclave: Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Stava parlando ancora una volta di pace. Sembra un vanto essere duri, volgari e aggressivi con le parole. Qualcuno dice che è un parlar chiaro, senza democrazia ipocrita. Credo che invece sia solo arroganza e mancanza di capacità nel sostenere il proprio pensiero, ammesso di averlo. Dimenticando che le parole possono fare molto male e anche uccidere. 

4. Le parole uccidono Una vicenda che ci mostra quanto male si possa fare quando si è privi dei valori del vivere comune e con l’uso spregiudicato delle parole. Un ragazzo ha lanciato un sondaggio sui social chiedendo di rispondere a questa domanda (oscena). Tema femminicidio: chi si meritava di più d'essere uccisa? Indicando poi il nome di tre donne morte a causa di uomini violenti. Vittime che diventano colpevoli. Parenti con altro assurdo dolore. Visione distorta della realtà. Sembra che il ragazzo sia pentito Bene. Non crocifiggiamolo, ma non minimizziamo quanto accaduto. Non è solo una oscena ragazzata. dt

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