Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 17/25 27 aprile 2025 Seconda domenica di Pasqua

 


Credenti, non credenti 
Facciamo troppo in fretta a definire l’apostolo Tommaso come incredulo. Ci può stare, se nella sua incredulità ci ritroviamo un po’ tutti, compresi gli altri apostoli. In effetti Tommaso, stando al vangelo di oggi, manifesta pubblicamente la fatica di credere che Gesù sia veramente risorto. Ma la sua incredulità nasceva dal desiderio di incontrare di persona, come gli altri apostoli, quel Gesù risorto che tanto aveva amato in vita. Di sicuro non comprendeva tutte le parole pronunciate da Gesù, qualche volta le avrà pure fraintese, eppure per Lui era pronto a morire: Andiamo anche noi a morire con Lui (Gv 11,16). Tommaso, insieme agli apostoli, voleva accompagnare Gesù in un viaggio che sembrava pericoloso, pieno di insidie. Pronto a morire per Lui: amicizia e affetto, segni di una vita condivisa, un legame che si era fatto molto forte. Di Gesù ci si poteva fidare. Però, la morte e la risurrezione del Maestro, anche se annunciate, erano troppo anche per chi lo amava e si fidava. “Abbiamo visto il Signore” gli dissero gli apostoli dopo l’apparizione del Risorto. “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Decisione chiara e ferma di Tommaso, definitiva: io non credo. A meno che non avvenga l’incontro che cambia la vita, l’incontro che ci permette di abbracciare di nuovo Gesù e di pronunciare quelle parole che fanno di noi dei credenti, sia pur sempre in ricerca: Mio Signore e mio Dio. Il mistero di Gesù risorto ci affascina, ci riempie di gioia. Celebrare la Veglia pasquale è un inno alla gioia. Nello stesso tempo possiamo provare anche tristezza perché ci sembra di non essere poi così credenti come vorremmo, troppi interrogativi ci tormentano e ci interroghiamo: ma sarà tutto vero? Ci possono essere momenti in cui ci sembra di non essere per niente credenti. Ma anche questo ci rende tristi. L’incredulità ci pesa, sentiamo nostalgia della bellezza del volto di Cristo risorto. Dentro di noi convive il credente e il non credente, in continuo dialogo e ricerca. Illuminanti le parole di una poesia di Padre David Maria Turoldo: Pure per noi sia Pasqua, Signore:/ vieni ed entra nei nostri cenacoli, abbiamo tutti e di tutto paura,/ paura di credere, paura di non credere. Un po’, Tommaso, aveva ragione: vuole vedere, vuole toccare, l’esperienza personale è indispensabile in un rapporto di fede. Doveva però fidarsi un po’ di più dei suoi compagni di viaggio, gli apostoli, perché la testimonianza di una comunità ci aiuta nell’incontro personale con Gesù. Per noi oggi non può che essere così: credere passa attraverso la testimonianza di una comunità di fedeli che vivono e celebrano il mistero di Cristo risorto. dtiziano.

Papa Francesco, le sue parole.

Semplici e immediate. Per questo alla portata di tutti. Dovremmo ricordarcele. Chiesa ospedale da campo «Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso». Un papa chinato sulle ferite della chiesa, ma soprattutto su quelle dei poveri e degli ultimi, le cui ferite sono troppo spesso dimenticate. Odore delle pecore Davanti a una numerosa assemblea di preti il papa delineò con chiarezza lo stile che ogni sacerdote deve fare suo. «Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore. Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui deriva l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con l’odore delle pecore». Ha spinto i preti a stare in mezzo alla gente, a condividerne le gioie e i dolori, se occorre anche a sporcarsi le mani, perché, ricordiamocelo, i preti sono chiamati a servire, a mettersi il grembiule, come fece Gesù nell’ultima cena, mai a dominare, neanche spiritualmente. Guerra mondiale a pezzi Definizione usata per la prima volta nel 2014. Così leggeva la situazione di un mondo sempre più segnato da guerre di ogni tipo. Ma ci ritorna più volte. Nel 2022 a proposito della guerra Russia Ucraina: I numerosi conflitti armati che sono in corso preoccupano seriamente. Ho detto che era una terza guerra mondiale “a pezzi”; oggi forse possiamo dire “totale”, e i rischi per le persone e per il pianeta sono sempre maggiori. E insiste nel 2024 parlando al Corpo diplomatico, di conflitto ormai globale. Con grandi guadagni dei fabbricanti di armi (che in guerra non ci va), e grandi dolori per la povera gente (che in guerra ci va e muore) Globalizzazione dell’indifferenza La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi, porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Parole pronunciate a Lampedusa nel 2013. Perché voi e non io? Parole per i carcerati Parole e gesti pieni di affetto verso i detenuti ha espresso papa Francesco nel corso nei dodici anni di pontificato. Per questo è molto amato e rispettato dai detenuti. Ho percepito in loro un grande dispiacere e sincere parole di ammirazione. Ho provato stupore quando parecchi hanno fatto a me le condoglianze per la sua morte. Per sedici volte nelle carceri italiane, anche a Milano a San Vittore. L’ultima la settimana scorsa a Roma, nel carcere di Regina Coeli, dove incontrò circa 70 detenuti.

Uscendo disse, e non era la prima volta

Perché proprio loro e non io? Lo scorso dicembre all’apertura della Porta santa a Rebibbia, prima volta in un carcere, disse: Io ho voluto spalancare la Porta oggi, qui. La prima l’ho fatta a San Pietro, la seconda è vostra. È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere, per questo la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire, e soprattutto, aprire i cuori alla speranza. Vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Lavò i piedi a 12 giovani reclusi del carcere minorile di Casal di Marmo. In questi giorni ha mandato duecentomila euro per allestire un pastificio sempre nel carcere minorile. E come possiamo dimenticare l’appello fatto ai governi di assumere iniziative che diano speranza: qualche forma di amnistia o gesti di clemenza per “aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società?” Dall’omelia del card. Giovanni Battista Re, qualche passaggio . ...È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo Pontificato, diffondendo, con una chiara impronta missionaria, la gioia del Vangelo. . Filo conduttore della sua missione è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi. Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri. È significativo che il primo viaggio di papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Nella stessa linea è stato anche il viaggio a Lesbo, insieme con il Patriarca Ecumenico e con l’Arcivescovo di Atene, come pure la celebrazione di una Messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico. Dei suoi 47 faticosi Viaggi Apostolici resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq nel 2021, compiuto sfidando ogni rischio. Quella difficile Visita Apostolica è stata un balsamo sulle ferite aperte della popolazione irachena, che tanto aveva sofferto per l’opera disumana dell’Isis. . Papa Francesco ha sempre messo al centro il Vangelo della misericordia, sottolineando ripetutamente che Dio non si stanca di perdonarci: Egli perdona sempre qualunque sia la situazione di chi chiede perdono e ritorna sulla retta via. In contrasto con quella che ha definito 'la cultura dello scarto', ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà. . Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva - è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole. La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta. “Costruire ponti e non muri”. Caro papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza.

Ri(flessioni). 

1. Suicidi in carcere 

Un detenuto di quarant’anni, italiano, si è tolto la vita, impiccandosi, nel carcere di Rebibbia. Per l’ennesima vota dobbiamo dire: soffriva di problemi psichiatrici, non doveva trovarsi in carcere. Ma non basta dirlo, anche da parte dei politici. Da tempo occorreva fare qualcosa e e non deve essere più permesso aspettare. Perché, se si continua così, non faremo altro che piangere per altre morti e aggiornare le triste statistiche dei suicidi. Questo suicidio è il ventinovesimo dall’inizio dell’anno.

2. Altre morti in carcere 

Due drammi in pochi giorni nel carcere di Bancali (Sassari). Non è chiaro se siano stati due tentativi di suicidio o per un uso scorretto e pericoloso delle bombolette di gas, usate per cucinare. Sono stati trovati privi di vita nelle loro celle. Un magrebino di 50 anni e un giovane di 25 di Olbia. Saranno le autopsie a stabilirne le cause. Rimane il dolore per altre due vite spezzate, in un sostanziale e indifferente silenzio.

 3. Genocidio armeno 

Il 24 aprile gli armeni ricordano il genocidio che li ha colpiti centodieci anni fa. Dall’impero ottomano in Turchia oltre due milioni di armeni furono deportati (in realtà quasi tutti eliminati). Un genocidio per troppo tempo dimenticato e neanche riconosciuto come tale. Papa Francesco ebbe il coraggio di definirlo per ciò che è stato, scatenando le ire del governo turco. Ma la verità va sempre ricercata e riconosciuta per rendere giustizia alle vittime, per non confondere le vittime con gli aguzzini e per cercare di non ripetere gli stessi errori. 

4. Criminalizzare 

Una magistrata statunitense è stata arrestata con l’accusa di aver ostacolato l’applicazione delle leggi sull’immigrazione. Per ora non ci è dato di conoscere i termini esatti della questione. Rimane però il fatto che i migranti, e chi per loro, con umanità, fa qualcosa siano sempre più criminalizzati. Non solo negli Stati Uniti. 

5. Migranti nel mirino 

Il direttore esecutivo di Frontex, Hans Leijtens, ha dichiarato che nessun migrante dovrebbe essere riportato in Libia, un Paese dove subiscono abusi. Ha però aggiunto che la sua agenzia a volte non ha scelta. Quindi c’è la consapevolezza di quanto avviene in Libia. Di chi è allora la responsabilità, oltre che dei Governi europei? L’Italia si vanta di aver fatto scuola. Le ONG accusano l’agenzia Frontex di essere corresponsabile dei respingimenti e di non fare abbastanza per salvare vite in mare. 

6. Non dei potenti Card. 

Re nell’omelia funebre per papa Francesco. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi... È significativo che il primo viaggio di papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Un primo applauso si è levato nella piazza. Di certo non dei potenti della terra presenti. dt.

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