Numero 27 10 novembre 2024 XXXII domenica Tempo Ordinario - Settimanale di varia umanità carceraria C.C.di Monza

 


Nel tesoro, si getta se stessi Cav. Uff. T. Col. Farina Bianco, direttore illuminato del locale orfanatrofio, insigne nostro concittadino, generosamente rese possibile la costruzione di questo asilo, per il bene di tutti i bambini. Alla memoria dei posteri tramanda. XXVII Aprile MCMLIII Mi hanno sempre un po’ infastidito certe ostentazioni di generosità: le lapidi che ricordano i benefattori importanti che hanno contribuito a realizzare qualche opera di bene; le targhette apposte sulle panche delle chiese con i nomi di chi, quelle panche, le ha pagate; quelli che promettono tanto, e lo fanno con molta pubblicità, e poi scopri che ciò che ti mandano o è roba scaduta o è di pessima qualità. Quando invece, poco prima di un Natale di qualche anno fa, trovai nella cassetta della posta una busta con una lettera in cui c’era scritto: per favore, renda felice qualche famiglia con bambini, buon Natale. Nonno Mario, è tutta un’altra cosa, il cuore si allarga. Mi sono commosso quando uno di voi, qui a Monza, mi ha chiesto di devolvere una grossa cifra per aiutare i bambini in difficoltà. E di farlo senza pubblicità (spero di non farla io ora). Splendida la motivazione: devo restituire un po’ di bene che ho ricevuto, l’aiuto che l’Italia mi ha dato (anche se ora sono in carcere, ma è colpa mia). C’è chi ci tiene a mettersi in mostra, chi vuole apparire e essere sempre in prima fila, chi è ossessionato dalla visibilità che i social, in modo ingannevole, promettono, chi pensa che il valore di una persona passi dal modo di vestirsi, dall’auto che possiede, dall’orologio che porta al polso. Più precisamente: conta l’immagine che si riesce a dare di sé, non ciò che veramente si è, la verità della propria vita. Dimostrando così che cosa davvero ci sta a cuore. Non Dio, non i fratelli che soffrono, neanche le persone che più ci sono vicine, ma solo se stessi, quella sete insaziabile di affermarsi, costi quel che costi. Dice il vangelo di oggi: Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Dice anche, Gesù: In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere. Non si offrono le cose, ma è la vita che va offerta, come hanno fatto Gesù e la vedova. dtiziano.

In ricordo dei nostri morti Nelle messe di domenica scorsa abbiamo ricordato i nostri morti. C’è stata emozione. Tutti pensavamo alle persone care che ci hanno lasciato. Alcuni hanno pronunciato i loro nomi. Per i cristiani, i nostri fratelli defunti vivono in Dio, e dunque c’è un legame che ancora ci unisce. Che non è solo quel ricordo che prima o poi è destinato a finire. Con Dio per sempre, dove un giorno saremo anche noi. La grande poetessa Alda Merini, milanese, morta il primo di novembre di quindici anni fa, una donna che aveva conosciuto tremende sofferenze, in occasione della morte del padre di un suo caro amico, scrisse dei brevi e semplici versi che mi rimasero impressi nella mente. E che continuano a farmi bene. Non scongiurare la morte di lasciarlo qui sulla terra: ha già sentito il profumo di Dio lascialo andare nei suoi giardini. E’ forte il dolore quando una persona amata, e da cui siamo stati amati, ci lascia per sempre. E’ come se morisse una parte di noi. Si rimane segnati, e capita anche di non riuscire a riprendersi. Alda Merini ci ricorda che c’è un profumo che ci attira, che prende possesso dei nostri sensi, che ci chiama con forza, fino a entrare nel giardino che è Dio stesso, vita, luce, pace, profumo, gioia. Non tratteniamoli, lasciamoli andare: ora sono nel giardino di Dio.

Il ricordo dei morti ha generato conversione: una bella storia da raccontare. Negli anni ’80 nel carcere di San Vittore c’erano tanti esponenti della lotta armata che aveva insanguinato l’Italia nei cosiddetti anni di piombo. Tra loro c’è Ernesto Balducchi che racconta: Durante la detenzione era nato un rapporto di amicizia con don Luigi Melesi, cappellano a San Vittore. Era l’ottobre del 1983, mancavano pochi giorni alla commemorazione dei defunti, e in una conversazione con lui gli dissi: “Anche noi abbiamo i nostri morti da ricordare, i compagni caduti negli scontri a fuoco con le forze dell’ordine o con gli estremisti di destra”. Mi chiese un elenco di quelle persone, e pochi giorni dopo mi consegnò un pacchetto di immaginette che recavano su un lato l’immagine di Cristo crocifisso e sull’altro i nomi che gli avevo dato. Non me l’aspettavo… Mi fece capire che in una stagione in cui sembrava impossibile qualsiasi forma di dialogo con le istituzioni c’era qualcuno che ci considerava uomini e donne da ascoltare e con cui parlare, si riconosceva dignità di persone anche a chi aveva sbagliato. Fu come una fiammella che si accendeva, un piccolo segno di speranza a cui ne seguirono altri, molto significativi, che portarono a scelte radicali». Che ci furono: il cardinal Martini che visitava spesso il carcere di San Vittore era molto stimato, aveva saputo infondere coraggio e speranza. Il 13 giugno 1984 portano alla segreteria dell’arcivescovo tre borse piene di kalashnikov, bombe a mano e fucili. Con una lettera di Ernesto Balducchi indirizzata a Martini: Questo è il segnale che affidiamo alle sue mani per la ripresa del dialogo, interrotto dalle nostre gesta nel clima di scontro degli anni scorsi, tra tanti giovani e “le forze per la vita” di questa città. Tutto da una preghiera per i compagni morti e perché Martini invocava spiragli di luce e dignità per i carcerati.

Migranti in Albania Sono ripresi i trasferimenti dei migranti in Albania. Nonostante le polemiche, nonostante finora i nodi problematici non siano stati risolti e si è ancora in attesa del pronunciamento dell’Europa circa le linee da seguire valide per tutti, e nonostante che una situazione così complessa, sia da un punto di vista giuridico che economico, suggerisca il buon senso di aspettare che si faccia un po’ più di chiarezza. No, un altro viaggio della nave militare Libra ha deportato ben 8, proprio otto, migranti nei centri albanesi. Uno di questi è già stato riportato in Italia perché presenta gravi problematiche di salute. Sembra che il costo pro capite sia di ben 2800 euro. Il buon senso direbbe che qualcosa non sta funzionando, almeno fino a questo momento (ma penso anche in futuro). Sembra un accanimento verso persone che stanno solo cercando un futuro migliore per sé e per le loro famiglie.

Vorrei condividere le parole di Luciana Littizzetto quando, nella trasmissione “Che tempo che fa” di domenica 27 ottobre, ha ricordato il caso dei rider che hanno lavorato anche il giorno dell’alluvione a Bologna, sotto la pioggia battente e in condizioni di pericolo (ne abbiamo parlato sul numero della scora settimana) e la vicenda di una donna straniera, senza permesso di soggiorno, che ha rischiato la vita per salvare un uomo travolto dalla tremenda forza dell’acqua.



Ri(flessioni) 

1. Sempre suicidi in carcere Una situazione di forte disagio pagata dai più deboli e disperati. Altri due suicidi che portano il totale dall’inizio dell’anno a ben 79. Nonostante si sta per raggiungere il picco di due anni fa (85) non sembra proprio che si stiano prendendo misure efficaci per limitare al massimo queste continue sconfitte. Quando se ne parla tutti esprimono parole di pietà, di disappunto, di dolore, ma poi, almeno da parte di chi ha il dovere di intervenire, tutto finisce lì. Martedì, un uomo di 41 anni nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia e un altro uomo di 53 anni, nella notte del 2 novembre nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), si sono tolti la vita, impiccandosi. Morti annunciate, omicidi di Stato, nella totale indifferenza anche della società civile per quello che accade nei luoghi di privazione della libertà: così ha dichiarato Samuele Ciambriello, Garante regionale della Campania.

2. Muro di Berlino Trentacinque anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il muro di Berlino, costruito quasi trent’anni prima, per impedire il libero passaggio dei cittadini nella città divisa in due parti, Ovest e Est. Terminava il periodo della guerra fredda. Una nuova era per la Germania riunificata. Ma avrebbe dovuto essere l’inizio di una nuova era per tutto il mondo. Ma non è così: di muri ne sono stati costruiti tanti altri, di tutti i tipi. Soprattutto il muro tra chi è ricco e chi è povero, sempre più invalicabile. E’ arduo condividere con i poveri.

3. Povertà in terra milanese Un’indagine promossa dalla Caritas Ambrosiana fotografa la realtà milanese in rapporto alle situazioni di povertà e di marginalità. Una situazione che rivela quanto aumentino le persone in difficoltà, quanto la povertà cresce e mette in pericolo un numero sempre maggiore di famiglie. Nei Centri di ascolto aumentano le persone che si presentano per chiedere un aiuto. Le fasce di popolazione più fragili, sono sempre più fragili e emarginate. Capita anche che non sia più sufficiente avere un lavoro perché lo stipendio non riesce a coprire le inevitabili spese. C’è poi la situazione dei migranti: troppi vivono in una precarietà costante per la quasi impossibilità di regolarizzare la posizione giuridica. Occorre prendersi cura di tutti i poveri, non spingerli sempre di più ai margini, magari pensando, con molta ipocrisia e superbia, che essere poveri sia in realtà una colpa 

4. Medico anche per i senza dimora Finalmente approvata la legge che assegna il medico di base anche alle persone senza fissa dimora. Sembra che in Italia siano novantaseimila le persone, che per vari motivi, non hanno una stabile abitazione. E’ certamente una cosa buona perché nessuno deve essere escluso dal diritto fondamentale alla salute. Finalmente un segnale che va nella direzione di prendersi cura delle persone fragili. Nella speranza che ce ne siano tanti altri in questa direzione. Però, perché si è aspettato tanto? dt.



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