LETTERA A MIO PADRE di M.V.
Ciao papà
mi dispiace non aver potuto
essere presente nei tuoi ultimi momenti di vita; mi sarebbe piaciuto tenerti
per mano ed accarezzarti il volto mentre chiudevi gli occhi per l’ultima volta.
Occhi che per me erano un
rifugio importante. La vita con te non è stata clemente, praticamente sei
cresciuto senza un padre e come reazione hai sempre tenute nascoste le tue
emozioni. Avevi degli ottimi muri di contenimento che purtroppo hanno, di
contro, alimentato quell’odiosa malattia che poco alla volta ti ha tolto il
meglio della tua essenza, ovvero la scintilla nei tuoi occhi, portandoti a non
riconoscere più la realtà, cercandone sempre “un’altra”, forse quella che, per
tirare avanti senza soffrire, esisteva solo nella tua immaginazione.
Ma, nonostante tutti, mi
bastava guardare nei tuoi occhi per riconoscere il “supereroe” (citazione
rubata a mia figlia) che vedevo in te.
Se ne avessi avuto la
possibilità ti avrei parlato di questa mia nuova “esperienza di vita”. I tuoi
occhi, insieme ai tuoi silenzi, mi avrebbero portato a levarmi la maschera ed a
confidarti ciò che veramente ho provato, senza filtri protettivi. Tu non ne
avevi bisogno, capivi.
Purtroppo, nella privazione
della libertà ho ritrovato molto della brutalità della tua malattia ovvero una
crudeltà emotiva, psicologica e spirituale che ti porta a temere di essere
cambiato, di essere diventato incapace di socializzare, ad avere una guerra
interiore che procura diverse cicatrici (nel corpo, nel cuore e nell’anima) che
non serve nascondere, tanto non passano. La cruda verità è che il “nostro”
carcere è diventato parte di noi, vive con noi. Ho letto una frase che
fotografa perfettamente questo stato: “abbiamo in superficie un lenzuolo ma
dentro si forma un filo spinato che, appena ti muovi, provoca squarci e
lacerazioni.
Mi sarebbe piaciuto prendermi
più cura delle tue “ferite”, standoti vicino, assecondando, come spesso
ultimamente accadeva, le tue assurde fantasie che affrontavo come se fosse un
gioco al quale partecipavo a parti invertite (il bambino eri tu) con la consapevolezza
che quei momenti, anche se assurdi, ti portavano ad essere sereno e finalmente
quella scintilla nei tuoi occhi tornava a brillare.
Mi auguro una cosa; spero che ovunque tu sia, i tuoi muri di contenimento siano diventati superflui e che finalmente tu possa vivere intensamente tutte le tue emozioni, abbracciandole nella loro natura intrinseca, e che la scintilla che intravvedevo nei tuoi occhi torni a brillare in eterno, a beneficio degli angeli.
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