LETTERA A MIA MOGLIE di E.S.
lo oggi scrivo come un altro me stesso, non sono più quello di prima e non so nemmeno più di quale prima fossi. Scrivo di quel me stesso, scrivo di quella persona che sono stato, che ero, e non ho un ricordo chiaro e distinto del perché del come del quando il cambiamento in me si sia realizzato, se mai si è realizzato.
Ma chi sono oggi è certamente qualcuno di differente rispetto a quello che ero prima. Il carcere mi ha cambiato, ho messo a fuoco i fallimenti e ho chiarito a me stesso che quel prima in tutto o in parte era un errore: un'omissione di responsabilità verso me stesso e verso la comunità, una omissione di rispetto verso persone a me care, in primis mia moglie. Superbia, fascino del potere, ebbrezza del denaro facile.
Queste seducenti ammiccanti streghe mi hanno irretito. Ho fatto soffrire mia moglie, e per che cosa? Per ritrovarmi da solo in questi anni in carcere con amici di un tempo che si sono dileguati, compagni di avventure che sono spariti, fantasmi di intimità che si sono dissolti, come segni sulla sabbia che il mare cancella.
E una sola persona rimasta è al mio fianco nonostante tutto: lei, mia moglie.
Grazie, Stefania.
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