Settimanale di varia umanità carceraria C.C.di Monza Numero 19 – 15 settembre 2024 XXIV domenica Tempo Ordinario

 

Ma voi, chi dite che io sia? Ieri mentre parlavo con un ragazzo detenuto vedo che ha un tatuaggio, cosa non insolita, sul braccio destro. Alcune parole: Solo Dio può giudicare. Una frase che sicuramente nasce dalla sua esperienza: non si è sentito capito, non gli hanno creduto coloro che l’hanno giudicato, lo hanno punito duramente, in modo esagerato, senza misericordia. E’ difficile conoscere l’uomo, conoscerlo per ciò che è veramente. C’è chi non è sincero, mette una maschera di perbenismo, vuol sembrare migliore di ciò che in realtà è. All’opposto c’è chi vuol sembrare peggiore, dare un’immagine di potenza, di supremazia, vantandosi di essere stato un capo, un boss rispettato e temuto. In ogni caso è difficile conoscere fino in fondo l’uomo, perché solo Dio vede cosa c’è nel cuore di ciascuno, il perché ultimo del nostro comportamento. Noi, invece, corriamo troppo il rischio di sbagliare, di non cogliere il bene e il male che si annidano in ciascuno di noi, di mettere etichette improprie che poi dovranno essere portate per sempre. A chi non è mai capitato di essere stato giudicato male, di portare sulle spalle una fama negativa per aver sbagliato anche una volta sola, magari tanti anni fa? Certamente ci da fastidio essere catalogati per ciò che non pensiamo di essere. Ma voi, chi dite che io sia? E’ la domanda che nel vangelo di questa domenica Gesù rivolge ai suoi discepoli. Sembra che Gesù sia consapevole del rischio di essere frainteso, di essere scambiato per qualcun altro. Infatti la gente diceva che era Giovanni il Battista, altri Elia e altri ancora uno dei profeti. Non capire chi davvero è Lui, Gesù, rende vano il vangelo, toglie forza alla novità che è Gesù, è come rinchiuderlo in ciò che già c’era, in esperienze già vissute, o peggio ancora, piegare Gesù alle nostre volontà, tradizioni e abitudini, in modo più o meno consapevole. Quel Ma voi, chi dite che io sia ci chiede di porci una domanda, seria e inevitabile: che cosa pensiamo davvero di Gesù, abbiamo in qualche modo approfondito quelle poche cose su di Lui apprese da piccoli, e quel poco o tanto che abbiamo appreso riusciamo in qualche misura a trasformarlo in vita, qualche volta abbiamo fatto una scelta fidandoci più di Lui che di noi? A Gesù importa ciò che noi pensiamo di Lui, non ciò che gli altri dicono. Ci chiede: chi sono io per te? Dtiziano

Per poco (coma)

Mi trovo steso sopra un tappeto rosso, bussano alla porta ma non mi frega, non rispondo, sono già morto quella catena cade al collo…… è così bella! Dentro al mio corpo sensi di colpa e qualcosa, per una volta io ne ho presa troppo poca. Luci rosse per la stanza sembra giochino…. Sembra mi ignorino, mia madre piange ogni notte di nascosto Lei che mi guarda mentre io mi addormento Poco a poco, rovinare tutto per me è solo un gioco, caramelle per un bimbo, per un uomo. Mi trovo steso sopra un qualcosa che va sempre più di corsa, fine non so se era la parola che le ho detto sussurrando a voce fioca. (Davis B.)

Un abisso di dolore in questa poesia, composta da un giovane ragazzo detenuto. Parole che trafiggono il cuore e ci rendono quasi incapaci di reagire, incapaci di stare vicini, di condividere. Chi può pensare di essere all’altezza? Solo chi è passato attraverso il buio dell’abbandono, chi ha sperimentato la disperazione può capire qualcosa. Percepire che attorno a noi ci può essere ancora tanto amore, mia madre piange ogni notte di nascosto, e non riuscire lo stesso ad alzare la testa, continuare a lasciarsi distruggere dagli errori e dal proprio dolore, accorgersi che ormai si è entrati in una spirale che sempre più di corsa mi porta verso la fine. (Caro Davis, ricordati: c’è tanto amore accanto a te). dt.

Pillole di conoscenza

L'Italia non è più il paese di Cesare Beccaria, ma quello di Torreggiani (sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per trattamento inumano e mancanza di spazio vitale per i detenuti). In effetti, nonostante l’eredità storica e filosofica del grande scienziato del diritto, a cui è intitolato il carcere minorile di Milano, ed eludendo le buone

speranze di concreta e piena attuazione dei principi della legge del 1975 sull’ordinamento penitenziario, il carcere non ha prodotto più sicurezza né promosso rieducazione e reinserimento sociale. Invece nel suo insieme ha violato sistematicamente i diritti fondamentali. Nel 2015 Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista, scriveva su la Repubblica: “Che cosa si può fare per abolire il carcere”. Egli definiva la detenzione come retaggio della pre-modernità e sosteneva che il carcere non è solo privazione della libertà ma rende esplicita una condizione in cui viene amputato il primo diritto dell’essere umano: il diritto al proprio tempo. La società moderna si è illusa sia di potere, attraverso il carcere, minimizzare la sofferenza della reazione penale, sia di avere con esso la capacità di intimidire i futuri criminali dal delinquere, nonché di educare i condannati a non sbagliare di nuovo. I dati di questo fallimento sono davanti agli occhi di tutti: sono anzitutto i numeri a definirne la portata, la media del 130% di sovraffollamento delle carceri italiane, le decine di suicidi, il tasso di recidiva. La risposta al delitto non può che essere un intervento volto ad educare a una libertà consapevole attraverso la pratica della libertà. en.

Rilasciati 5500 detenuti nel Regno Unito

In seguito al provvedimento annunciato il 12 luglio scorso, il nuovo governo inglese cerca di evitare il sovraffollamento delle carceri britanniche. A settembre chi avrà già scontato almeno il 40% della pena detentiva (attualmente era al 50%) potrà usufruire di forme di libertà vigilata e quindi lasciare la galera. Sono esclusi i condannati per reati sessuali, violenze domestiche, stalking, crimine organizzato e terrorismo. Si badi bene: le prigioni inglesi non sono ancora nemmeno al massimo della capacità ma si vuole evitare di arrivare al sovraffollamento. en.



Ri(flessioni). 1. Continuano i suicidi in carcere Questa volta è avvenuto nel carcere di Imperia. Un detenuto, mentre i compagni erano usciti per l’ora d’aria, si è tolta la vita utilizzando le lenzuola legate alle sbarre. Un uomo disperato che nel buio della carcerazione non riusciva più a vedere neanche uno spiraglio di luce. E’ il 69° dall’inizio dell’anno. Un’altra vittima di cui lo Stato non ha saputo prendersi cura. dt.

2. Mahsa Amini. Sono passati due anni dalla sua morte ma il ricordo di lei non è mai scomparso. Mahsa aveva 22 anni ed è stata ammazzata a suon botte dalla polizia iraniana perché indossava l’hijab “in modo sbagliato”. La sua morte ha innescato grandi proteste durate mesi. In prima file tante ragazze che, provocatoriamente, si sono tolte il velo e tagliati i capelli. Sono state arrestate a centinaia, ammazzate e torturate. Ieri a Milano, e in tutto il mondo, Mahsa Amini è stata ricordata da migliaia di persone. gd

3. Sovraffollamento. Le galere scoppiano? Mandiamocene di più. Occupare una strada, bloccare i binari comporterà mesi e anni di detenzione. Questo si profila dopo il sì della Camera alla proposta di legge della maggioranza. Reati sociali e politici. Per chi occupa una casa altrui fino a sette anni di reclusione. Reati che si aggiungono a quelli anti-rave e Caivano. Ma non si dovevano svuotare le carceri? gd

4. Detenuti muratori. Un protocollo d’intesa è stato firmato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Matteo Maria Zuppi. I detenuti lavoreranno nei cantieri per la ricostruzione dei palazzi e delle chiese distrutti dal sisma del 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche, Molise e Umbria. Speranza è la parola risuonata più volte. Speranza di un lavoro, speranza di un futuro fuori dal carcere, speranza di una vita nuova. Un inizio, speriamo che diventi realtà. gd 5. Non lui ma tanti altri. Scusate se non sono riuscito ad amare una donna: sono le parole scritte da un uomo di 33 anni, di Palermo, che si è tolto la vita. Ha chiesto scusa. Perché? Sentiva il peso di una società che ancora oggi spesso condanna e, ancor peggio, deride chi è omosessuale? Ha chiesto scusa, dopo aver sofferto tanto nella vita, perché percepiva il disprezzo ancora diffuso verso chi è gay e i giudizi dei benpensanti che lo facevano sentire in colpa? Ha chiesto scusa perché si vergognava e non ha trovato il coraggio di manifestare ciò che era, neanche ai genitori? Non lui, ma tanti di noi devono chiedere scusa. dt 6. Il cimitero dei migranti Migranti morti in mare, sconosciuti. Naufragati con i loro sogni, i loro desideri, le sacrosante aspettative. Ora sepolti nel cimitero di Lampedusa. Infine un po’ di pietà. dt.


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