Numero 14 – 11 agosto 2024 XIX domenica Tempo Ordinario C.C. di Monza Settimanale di varia umanità carceraria
Io sono il pane vivo Il gioco d’azzardo è sempre più un problema. Mette sul lastrico un grande numero di famiglie. Lo sappiamo da tempo. Mi chiedo se sia ancora il caso di chiamarlo “gioco”, o sia meglio inventare un altro termine che immediatamente dia l’idea di qualcosa di pericoloso capace di distruggere. Anche se un semplice cambiamento di termine non produce miracoli. Il gioco d’azzardo si diffonde anche tra i minorenni. E’ la triste notizia di questi giorni: 130 mila minori sono a rischio. Ragazzi che non sono più nella fase del gioco, pur discutibile, ma sono ormai dipendenti dall’azzardo. Con tutti i problemi che questa dipendenza comporta. Mi sono fatto una domanda: cosa manca a questi ragazzi, cosa cercano nell’azzardo, perché si espongono a rischi così gravi? Tante risposte possiamo dare a queste domande, e tutte dicono qualcosa di vero, un pezzo di verità, un contributo per interpretare una realtà decisamente complessa: tutto per saperla affrontare con determinazione. Nel gioco d’azzardo si crede di vedere l’unica possibilità per una vita migliore, l’unica a portata di mano almeno. Si cerca ciò che ci può far uscire da una situazione difficile, da una povertà che percepiamo come umiliante e che comunque non ci permette di realizzare i desideri più o meno giusti che coltiviamo. In fondo è un modo di intendere la vita, puntando su ciò che è troppo effimero, oltre che pericoloso. Senza neanche tentare di capire qualcosa sul senso della nostra vita, se c’è qualcosa di veramente indispensabile per una vita dignitosa, senza chiederci se c’è un pane che può saziare la fame ma anche senza neanche accorgerci che abbiamo fame. Lo dicevamo anche la scorsa settimana: non di solo pane vive l’uomo, ma anche di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Si riempie un vuoto, che forse in modo poco chiaro ma che si percepisce, con qualcosa di inadeguato, con le cose, con i soldi, con i sogni di ricchezza che ci ridurranno peggio di prima. Nel vangelo di oggi Gesù ci fa la sua proposta: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Che poi vuol dire vivere di Lui e come Lui e vivere in pienezza la bellezza del nostro essere uomini e donne di questo mondo. Forse non siamo più capaci di apprezzare, vivere e testimoniare questa bellezza. Dtiziano
Anno Santo 2025 - Un anno di speranza per il futuro Condonare i debiti
Continuiamo a conoscere quanto il Papa ci ha indicato nella Bolla di indizione del Giubileo Ordinario, Spes non confundit (La speranza non delude), che celebreremo nel prossimo anno 2025. Prendiamo ora in considerazioni gli Appelli per la speranza, richiami concreti e possibili (che però richiedono tanto coraggio) capaci di trasformare il modo di vivere dell’umanità, aiutando veramente i popoli in difficoltà, restituendo loro ciò che in verità sarebbe stato sempre da condividere. L’anno santo è un’occasione per ritrovare speranza, per perdonare e essere perdonati. E’ l’anno in cui poter ricominciare, guardando al futuro con fiducia, anche se sentiamo il peso degli errori del passato, nostri e degli altri uomini.
Ecco le parole del Papa. Un altro invito accorato desidero rivolgere in vista dell’Anno giubilare: è destinato alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli: «C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi». Come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come «forestieri e ospiti» ( Lv 25,23). Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati
Alunni in visita, seconda parte
Gli alunni di alcune classi dell’Istituto Scuola superiore di Vimercate (ISS Vanoni) hanno fatto visita al carcere di Monza. Un’esperienza forte, non solo per gli alunni ma anche per gli stessi detenuti. Riportiamo alcuni commenti degli alunni.
Le persone che ho conosciuto alla casa circondariale di Monza mi hanno insegnato che purtroppo nella vita gli errori si commettono, che siano gravi o meno. E’ stato bello che alcuni di voi stanno trovando la propria strada, stanno studiando, stanno facendo attività e stanno aiutando gli altri e il consiglio che mi sento di dare è quello di non abbattersi e affrontare le conseguenze a testa alta. Perché la vita non è fatta solo di cose belle. La vita è un’esperienza e va affrontata imparando dagli sbagli e cercando ogni giorno di essere una versione migliore di se stessi… Spero riusciate a realizzarvi e vedere al più presto le vostre famiglie, ricordatevi che nella vita non è mai troppo tardi per fare qualcosa di bello e positivo, che sia per se stessi o per gli altri. Con affetto, Valeria
Cari amici detenuti, è stata davvero una bellissima e interessante avventura visitare il carcere di Monza. Il modo in cui vi siete espressi e vi siete aperti con noi ancora giovani è stato semplicemente straordinario. Sentirvi raccontare della vostra esperienza, mi ha fatto capire che è importante scegliere con saggezza le proprie scelte di vita e per questo vi sono veramente grata.
Grazie a tutti. Con questa lettera vorrei ringraziare coloro che mi hanno permesso di vivere questa esperienza unica cioè quella di visitare un carcere. Prima di questo incontro per me il carcere era solo il luogo dove le persone scontavano le loro pene ma in realtà c’è molto di più dietro questo. Vorrei ringraziarvi nuovamente per avermi fatto cambiare idea sulle carceri e per avermi fatto scoprire cosa sono in realtà, ovvero luoghi dove le persone potrebbero diventare migliori.
Salve a tutti. Io sono Alice e volevo ringraziare le persone che ci hanno ospitato nel carcere. E’ stata un’esperienza fantastica e molto formativa, che mi ha aiutata a capire anche questa realtà che fino a quel giorno non conoscevo. Mi ha aiutata a capire quanto sia importante la vita e soprattutto la libertà, e quanto sia importante il rapporto con i familiari.
Pillole di conoscenza Il quasi nulla del decreto carceri Mercoledì scorso la Camera ha approvato il “decreto carceri”, che però agisce molto poco, per non dire affatto, sull’alleggerimento degli istituti penitenziari sovraffollati, che in poco più di sette mesi hanno visto 66 suicidi. Questo decreto è diventato il contenitore di altre esigenze politiche. Come lo «scudo penale» per i colletti bianchi, più agenti di polizia penitenziaria, una futura (?) rimodulazione delle norme sulla custodia cautelare. Nel frattempo il Guardasigilli fa sapere di «aver prospettato a Meloni soluzioni a breve e medio termine per il sovraffollamento carcerario». Cioè: per adesso niente. E la proposta Giachetti di estensione da 45 a 60 giorni il beneficio della liberazione anticipata ancora una volta rimane in attesa sine die. en.
Ri(flessioni) Sono 65 i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno. Un numero che continua a crescere e che fa davvero paura. Ma che deve farci riflettere perché sono il segno del fallimento dello Stato che non ha saputo prendersi cura delle persone di cui era responsabile, una politica incapace di individuare percorsi virtuosi per trasformare la giusta pena in una occasione di rieducazione e non di tortura. Una politica che con molta enfasi ha prodotto il “Decreto carceri sicure” ma che in realtà non cambierà nulla, perché è quasi del tutto vuoto di contenuti. L’emergenza va affrontata come emergenza, in modo intelligente: scelte che producono frutti immediati e allo stesso tempo scelte di ampio respiro, che porteranno frutti nel tempo, ma che si capisce che vanno nella direzione giusta. Credo che non si debba fare una cosa senza l’altra: se penso solo al presente qualche sollievo lo si può trovare, ma poi, in breve tempo, tutto torna come prima. E se penso solo al futuro, cado nella irresponsabilità di chiudere gli occhi sulle tragedie attuali, senza in realtà credere davvero ai progetti pensati, belle parole, favole che non si realizzeranno, e meno male perché alle volte sono pure sbagliati e sciupano risorse. La direzione da prendere è quella che ci indica la nostra Costituzione, all’articolo 27: Le pene non possono sussistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. C’è disumanità nelle carceri. Troppi provvedimenti, compresa la chiusura delle celle per quasi tutto il giorno, dopo anni di apertura, hanno peggiorato la situazione. Di rieducazione finalmente si parla, ma poco si fa. Non può essere lasciato tutto sulle spalle di chi in carcere ci lavora, e lo fa con coscienza e umanità
Tutti dobbiamo fare qualcosa perché Non c’è davvero più tempo. dt.
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