C.C. di Monza Numero 17 – 1 settembre 2024 XXII domenica Tempo Ordinario

 

Non con le labbra, ma con il cuore

Così leggiamo nel vangelo di oggi (Marco, capitolo 7): Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Un semplice racconto della tradizione zen (legata al buddismo) ci può aiutare a introdurci a quanto il vangelo di oggi ci ricorda. Due monaci zen, giunti alle rive di un fiume in piena, incontrarono una bella ragazza che non poteva attraversare il fiume da sola. Uno dei monaci la prese in braccio e la portò sull’altra sponda. I due monaci continuarono il loro viaggio. L’altro monaco non poté più trattenersi e rimproverò i fratello. “Sai che è contro le nostre regole toccare una giovane donna? Hai rotto i voti”. Il confratello rispose: “Amico, io quella ragazza l’ho lasciata sulla riva del fiume. Tu invece la stai ancora portando con te”. Dietro alla facciata di perbenismo a cui, in un modo o nell’altro, ci teniamo, si possono nascondere inconfessati desideri e intenzioni tutt’altro che retti. Dire una cosa e pensarne un’altra. Dire una cosa a chi ci è amico e il contrario a chi non lo è. Parlare male degli altri, anche se magari sono amici, per fare bella figura, per trarne qualche vantaggio. Questo modo di agire, Gesù lo chiama ipocrisia, il veleno che inquina i rapporti tra le persone e che ci trasforma in sepolcri imbiancati. Le regole possono uccidere l’amore: di fronte a una donna in difficoltà è l’amore che deve prevalere, quello del primo monaco, non l’ubbidienza alla legge, come vorrebbe il secondo. E’ una pericolosa tentazione fare delle leggi e delle regole un assoluto, una specie di nicchia in cui rifugiarsi e sentirsi sicuri. La sicurezza della legge, certamente necessaria, non deve cancellare il bisogno di amore, il solo che può rendere la nostra vita più umana e degna di essere vissuta. Gesù si è sempre mostrato infinitamente buono, generoso, pronto a perdonare i peccatori che si pentono, ma si è anche rivelato molto severo verso gli ipocriti, coloro che sono falsi, verso il perbenismo di chi si permette di giudicare e condannare gli altri e di insegnare ciò che è bene e ciò che è male. Naturalmente assolvendo sempre, e con molta generosità, se stesso e magari anche con una idea alquanto distorta del bene e del male. C’è un invito a essere uomini veri, autentici, che sanno badare all’essenziale e non al superfluo. Un invito a non imbrogliare la nostra vita con l’incoerenza tra ciò che le nostre parole in modo facile esprimono, e ciò che invece davvero pensiamo. dtiziano.

 

Anno Santo 2025 - Un anno di speranza per il futuro Il giudizio di Dio

Continuiamo a conoscere quanto il Papa ci ha indicato nella Bolla di indizione del Giubileo Ordinario, Spes non confundit (La speranza non delude), che celebreremo nel prossimo anno 2025. Ecco le parole del Papa. Un’altra realtà connessa con la vita eterna è il giudizio di Dio, sia al termine della nostra esistenza che alla fine dei tempi… Se è giusto disporci con grande consapevolezza e serietà al momento che ricapitola l’esistenza, al tempo stesso è necessario farlo sempre nella dimensione della speranza, virtù teologale che sostiene la vita e permette di non cadere nella paura. Il giudizio di Dio, che è amore, non potrà che basarsi sull’amore, in special modo su quanto lo avremo o meno praticato nei riguardi dei più bisognosi, nei quali Cristo, il Giudice stesso, è presente). Si tratta pertanto di un giudizio diverso da quello degli uomini e dei tribunali terreni; va compreso come una relazione di verità con Dio-amore e con sé stessi all’interno del mistero insondabile della misericordia divina. Come scriveva Benedetto XVI, «nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo questo prevalere del suo amore su tutto il male nel mondo e in noi. Il dolore dell’amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia». Il giudizio, quindi, riguarda la salvezza nella quale speriamo e che Gesù ci ha ottenuto con la sua morte e risurrezione. Esso, pertanto, è volto ad aprire all’incontro definitivo con Lui. E poiché in tale contesto non si può pensare che il male compiuto rimanga nascosto, esso ha bisogno di venire purificato, per consentirci il passaggio definitivo nell’amore di Dio. Si comprende in tal senso la necessità di pregare per quanti hanno concluso il cammino terreno, solidarietà nell’intercessione orante che rinviene la propria efficacia nella comunione dei santi, nel comune vincolo che ci unisce in Cristo, primogenito della creazione. Così l’indulgenza giubilare, in forza della preghiera, è destinata in modo particolare a quanti ci hanno preceduto, perché ottengano piena misericordia.

 


 

 


 Il Papa: abbandonare i migranti alla morte è peccato grave

La voce del Papa, sempre più in solitudine almeno tra la maggior parte dei Governi, si è levata con forza per accusare la gravità delle scelte che colpiscono i migranti. Scelte che si traducono in sofferenze, soprusi e anche morte. L’attenzione verso la realtà delle migrazioni sembra allentarsi se si escludono i proclami che sanno di vittoria (quale?) da parte della maggioranza di Governo per aver dimezzato gli sbarchi (a quale prezzo però, non viene detto). Varrebbe la pena leggere l’intero intervento del Papa pronunciato durante l’Udienza del mercoledì. Riporto solo qualche passaggio.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno. Migranti, mare e deserto. Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe! –, risultano mortali.

La tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave.

Fratelli e sorelle, su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci – e ce ne sono, purtroppo. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui.

Certo, la realtà delle migrazioni è un fenomeno complesso e delicato, capace di dividere nettamente i popoli su posizioni contrapposte. Non fare niente, o troppo poco e per troppi anni, non fa altro che incancrenire e rendere ancor più difficile trovare una soluzione. Ho l’impressione che oggi i migranti siano merce di scambio, strumentalizzati per fini elettorali, sfruttati fino al midollo con lavori massacranti e bassissima retribuzione (caporalato), capri espiatori per tutto ciò che di brutto succede. E in più si perseguita e si rende la vita difficile anche a chi vorrebbe salvare qualche vita in mare: vedi la guerra fredda contro le navi umanitarie di soccorso costrette a lunghi e assurdi viaggi per raggiungere un porto, se non addirittura costrette a lunghi periodi di fermo. In nome di norme che, se applicate in ogni ambito, fermerebbero migliaia di altre attività. Comprese quelle dello Stato. dt.

 

 

 

Ri(flessioni)

1. Immigrati Dopo la tragedia di Solingen la Germania espelle, per la prima volta, immigrati afghani. Questa è stata la risposta del governo tedesco all’attentato compiuto da un giovane afgano, riuscendo a ferirne ben 11, uccidendone tre.

2. Delitto di Sharon Ci ha tenuti con il fiato sospeso per un mese questo delitto avvenuto a Terno d’Isola. Una donna uccisa a coltellate, in modo assurdo, non da qualcuno che la conosceva, uccisa così, a caso. Le indagini cercheranno di chiarire il più possibile quanto avvenuto. Ora, oltre alla preghiera, è solo il momento della pietà e del rispetto, gli unici modi che abbiamo per partecipare al dolore dei famigliari di Sharon. Non è certo il momento dello sciacallaggio, non è certo il momento di servirsi di questa tragedia per portare avanti le proprie idee. Non c’è rispetto per la povera Sharon.

Il presunto assassino è italiano, nato a Milano, di origini africane. Orrende e sbagliate le frasi pronunciate soprattutto da esponenti della Lega: Sarebbero questi gli italiani che vogliamo? Non ci si deve dimenticare che il male si annida nel cuore di tutti, che nessun popolo ne è esente. Ce lo ricorda anche il vangelo di questa domenica. E poi, a cosa serve spandere veleno, perché seminare odio? Si creano solo i presupposti per il male che ci raggiugerà domani.

 3. Più che maleducazione Spiacevole fatto accaduto in una Casa del Popolo, provincia di Lucca. Un cliente, alla fine del pranzo e in attesa del caffè, così si rivolge alla cameriera: Ehi tu, invece di stare a chiacchierare, alza le chiappe e vieni a sparecchiare. Umiliazione per la cameriera. Ma anche due reazioni adeguate, intelligenti, civili. La prima: Il responsabile del locale interviene e invita il cliente e i suoi amici a uscire, senza passare dalla cassa. «Non mi interessano i suoi soldi, se ne vada» sono le sue parole. La seconda reazione: gli altri clienti hanno applaudito, disapprovando il comportamento del cliente maleducato e a sostegno della cameriera insultata. Siamo dunque capaci, quando vogliamo, di capire ciò che è sbagliato e di schierarci dalla parte giusta.

4. Follie talebane L’ultimo decreto dei talebani elenca ciò che alle donne è proibito, rendendole di fatto schiave: proibizione di far sentire in pubblico la loro voce, vietato cantare, vietato recitare, vietato parlare con toni alti, vietato cantare la ninna nanna a un neonato irrequieto durante la passeggiata, vietato ridere con le amiche al mercato, vietato pronunciare parole d’amore a un fidanzato al parco, vietato protestare per un sopruso… Così hanno risposto le donne attraverso messaggi sui social: I talebani possono provare a ridurci al silenzio con le loro leggi, ma non possono prendere le nostre voci. Noi scriveremo, leggeremo. E resisteremo. Le nostre ferite diventeranno poesie e la nostra sofferenza si trasformerà in canto eterno. Onore alle donne afgane. Andrebbero però sostenute e difese. dt.

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