Mi manca la famiglia, i figli Di A.N. Z1

 


L’essere genitori all’interno del carcere è molto difficile perché ci sono difficoltà diverse che cambiano in base all’età dei figli. Io sono padre da poco e da cinque mesi devo vedere le mie figlie dal carcere. La sofferenza e la durezza nascono dai sensi di colpa, dal non poterli vivere e vederli come vorrei, scoprire i loro cambiamenti piccoli e grandi. Ogni riferimento esterno porta a loro, creando una malinconia e un malessere costante, un’infelicità cronica. Il pensiero che possano soffrire per la mancanza del papà aumenta la sofferenza del vivere in carcere. Vederli arrabbiati crea un senso di vuoto e impotenza. Fare i colloqui è difficoltoso per le lunghe attese all’ingresso e i controlli da parte della polizia penitenziaria, cosi molto spesso si preferisce limitare i colloqui per evitare un ambiente brutto come quello del carcere.

L’amministrazione del carcere dà due colloqui visivi in più per chi ha figli, otto totali al mese contro i sei ordinari da un ora ognuno; si può usufruire della ludoteca: una stanza adibita con giochi, casetta e muri colorati appositamente per i bambini. In alternativa ci sono due mini appartamenti con divano, cucina, tavolo e bagno dove poter stare coi propri figli con un minino di intimità. Ma la vera possibilità di fare attività con loro non c’è. Si potrebbe pensare, almeno due volte al mese, di dare la possibilità a chi ha figli piccoli di organizzare mezze giornate extra colloqui per fare attività studiate con il consultorio familiare e seguite o strutturate dallo psicologo e dall’assistente sociale. Persone che si occupano di seguire il corso di genitorialità, consumare un pasto coi propri figli, prendersi cura realmente di loro per non spezzare la conoscenza, il dialogo e la possibilità di esercitare la patria potestà.  Io ho scelto con mia moglie di ridurre i colloqui a un’ora al mese per bambina che sono due. La scelta nasce dalla difficoltà, dai controlli e dalle attese estenuanti. Chiaramente un’ora al mese è davvero poco, ma la mia fortuna è che mia moglie parla davvero tanto alle bambine di me e io scrivo spesso loro racconti e storielle della buona notte per fargli sentire la presenza del papà.

Il carcere ha messo a disposizione un corso per chi ha figli che si chiama “Parole dentro e Fuori” dal carcere: gruppi di dialogo e incontro gestito dallo psicologo Paolo Caglio e dall’assistente sociale Laura Sala che fanno parte del consultorio familiare COF Centro Orientamento alle Famiglie. Il corso e gli incontri avvengono ogni sette giorni per una decina di sessioni. L’obbiettivo è aprire un dialogo stimolato da attività ed esercizi specifici, compresa l’arte terapia che sollecita l’introspezione e la comunicazione. L’obbiettivo di stare meglio, assumere consapevolezza e acquisire gli strumenti necessari a costruire rapporti più sani coi propri familiari, compagna e figli.

Nei gruppi si analizzano più aspetti: si parte dall’“essere figli”, da come cioè ci si percepiva quando si era figli, come ci si è sentiti trattati dai propri genitori, se si è soddisfatti o felici, arrabbiati, delusi, abbandonati o appagati, o con un senso di gratitudine per la vita. Questo primo aspetto è fondamentale per capire l’evolversi di alcune scelte di vita o di come ci si rapporta con le nostre compagne e con i figli. Forse è qui che si nasconde la chiave per un vero cambiamento. E per chi vuole disimparare le cose negative apprese a casa, senza colpevolizzare i propri cari, si impara il perdono.

Un altro aspetto è il rapporto con la propria compagna, anch’esso condizionato dal rapporto con i propri genitori, il rapporto con la figura femminile, i limiti, il rispetto, la gelosia e la libertà personale e il dialogo e gli scontri. Anche come imparare a litigare. Infine: come essere buoni genitori, amorevoli, presenti e come gestire il rapporto coi figli dal carcere, tema molto delicato. Per chi ne ha voglia si possono effettuare colloqui personali per approfondire le dinamiche tra coppia e bambini all’interno del carcere, un’iniziativa molto valida e profittevole in termini umani. Il corso non è solo utile per noi reclusi. Lo è anche all’esterno del carcere a prescindere dal proprio stato sociale. Tutti questi corsi, gli argomenti che vengono trattati e discussi aprono dinamiche sensibili alla maggior parte delle persone. Fuori però sono a pagamento e molto costosi, per noi fortunatamente sono gratuiti. Essi rientrano in pieno nelle attività utili alla riabilitazione dell’individuo. All’interno del carcere, sono gestiti in modo molto professionale, sono fatti con discrezione, mantenendo un clima idoneo per favorire il dialogo e la comunicazione. L’importante è aprirsi e mantenere un atteggiamento aperto alla discussione. Personalmente l’ho trovato risolutivo per alleggerire alcune questioni e le sofferenze personali.

 

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