Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 27/25 6 luglio 2025 XIV domenica Tempo Ordinario

 

Testimoni credibili Gesù invia i discepoli in missione. 

Ma non chiede loro di comportarsi da professori, da esperti del sacro, da persone superiori, detentori di verità assolute. Li vuole testimoni della comunione vissuta con Lui, un’esperienza che li ha trasformati e ha fatto di loro degli uomini nuovi. Mi sembra che il santo papa Paolo VI abbia espresso molto bene il profilo del discepolo di cui ha bisogno l’uomo dei nostri tempi: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. Anche quando si vive nell’ipocrisia, nella menzogna, quando conta ciò che appare e non ciò che vale, e tutto questo ci sembra addirittura normale, si sente però il fascino dell’autenticità, della coerenza e sappiamo apprezzare chi riesce a vivere così. Sempre Paolo Vi diceva: “Egli (l’uomo) prova in effetti una istintiva avversione per tutto ciò che può apparire come inganno, facciata, compromesso”. Di sole parole ormai non sappiamo cosa farcene. Ne sentiamo troppe. Parole smentite dai fatti. Parole contraddittorie. Parole che promettono e non mantengono. Anche da parte di quelli che dovrebbero dare l’esempio. E così la fiducia viene meno, anche verso chi, di fiducia, dovrebbe goderne molta. Siccome poi la fiducia a qualcuno, o a qualcosa, sembra dobbiamo pur darla, c’è il rischio di indirizzarla in direzioni sbagliate che hanno in comune l’immediatezza, la facilità, il disimpegno. Almeno in apparenza. Un venditore di sogni che affascina, l’illusione di facili guadagni, il gioco che può risolvere problemi ma che può gettare in un abisso di disperazione, la quasi idolatria verso sportivi, cantanti, uomini di successo che rischia di offuscare la realtà della vita che è impegno, costanza, responsabilità e anche fatica. Quando qualche detenuto mi dice che non riuscirà mai a vivere come ci chiede il vangelo però Gesù ha ragione, a parte il sorriso che spontaneo mi viene sulle labbra, penso intenda proprio esprimere l’apprezzamento per le cose belle della vita, lui forse non riuscirà a vivere in quel modo ma ammira chi ci riesce (e siamo un po’ tutti come lui). Ecco chi è il testimone, ecco perché oggi, come sempre, ne abbiamo bisogno: è parola che è vita, è possibilità realizzata, è bellezza che si vede e affascina. Proviamo a pensarci: qualcuno ha segnato nel bene la nostra vita, qualcuno ci ha indicato quali siano le cose che contano, quasi senza accorgerci qualcosa da loro abbiamo imparato. Tutti scopriremo di averne incontrati parecchi, più di quanti pensiamo, persone semplici e umili, ma con una forza straordinaria. Forse con dolore dovremo riconoscere di aver seguito altre voci, altre sirene che ci hanno allontanato da quella bellezza di cui ora sentiamo nostalgia. Ma anche quei discepoli inviati da Gesù in missione non erano perfetti. Eppure sono diventati testimoni. Ce la possiamo fare anche noi. dtiziano

Mattarella richiama su emergenza carceri in Italia 

«È drammatico il numero di suicidi nelle carceri che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale sulla quale occorre interrogarsi, per porvi fine immediatamente». Sono parole pesanti quelle pronunciate dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante l’incontro al Quirinale con una delegazione della Polizia penitenziaria, nel giorno di San Basilide, patrono del Corpo. Stefano Carmine De Michele, nuovo capo del Dap, riceve di persona questo richiamo da parte della più alta carica costituzionale italiana, insieme a un esplicito sollecito a dar attuazione alla sentenza della Consulta sull’affettività in carcere. In un’Italia che inasprisce pene e introduce nuovi reati, parlare di investimenti nel recupero suona come una correzione di rotta implicita. Serve – secondo Mattarella – un piano urgente di manutenzione e ristrutturazione degli istituti, il rafforzamento dell’organico, più educatori, accesso agevolato alle cure. Perché le carceri cessino di essere «palestra di addestramento al crimine» o luoghi «senza speranza», per orientarsi «effettivamente» al recupero di chi ha sbagliato. «Ogni detenuto recuperato equivale a un vantaggio di sicurezza per la collettività, oltre a essere l’obiettivo di un impegno dichiaratamente costituzionale, secondo l'art. 27». Ed è proprio per questo che le condizioni di vita e il trattamento dei detenuti devono essere «dignitosi». Il capo del DAP non ha potuto non assentire. Il governo ha ricordato gli interventi già avviati: 3 milioni annui dal 2025 per tale scopo, 132 milioni per il lavoro dei detenuti e l’aumento di quasi 4.000 unità del personale addetto a prevenzione e controllo. Per ridurre il sovraffollamento, Nordio ha indicato tre strategie: detenzione differenziata per tossicodipendenti, espiazione della pena nei Paesi d’origine per gli stranieri e strutture per chi ha diritto alle misure alternative, ma manca di supporto socioeconomico. Fondamentale anche la riforma della custodia preventiva per reati non legati alla criminalità organizzata, visto che oltre il 20% dei detenuti è in attesa di giudizio, molti poi assolti. Infine, ha evidenziato l’impegno del Commissario straordinario per l’edilizia carceraria, che garantirà presto «un ampliamento efficace delle strutture detentive». Insomma, misure la cui utilità si valuterà in futuro, mentre l’emergenza è attuale, ormai da troppo tempo, e, come più volte abbiamo già scritto, necessita di misure drastiche. en.

Ero in carcere e mi siete venuti a trovare 

Così dice Gesù nel Vangelo di Matteo (25,36). Per un non credente come me dimostra la forza delle idee rivoluzionarie di quest’uomo. Il messaggio è potente e, purtroppo, sempre attuale. In carcere possono finire tutti: delinquenti abituali, innocenti, ‘persone normali’ colpite da improvviso raptus. Gente come noi. Da non rifiutare. Anzi, da andare a trovare. Che non vuol dire letteralmente andare a fare visita. Vuol dire averli presente, sapere che esistono, conoscere la loro situazione. Così brutta che non riusciamo neanche a immaginare. Ma che esiste: pessima igiene, cibo scadente, poca libertà di movimento. Il contrario di quella che è la nostra vita di tutti i giorni. Una situazione indegna. Ma che esiste. Lo sappiamo dai pochi servizi fotografici, dalle scarse notizie dei giornali, dalle rare inchieste televisive. Ci scandalizzano. Meno scandalizzati, se non a parole ma neanche tanto, lo sono quelli che hanno responsabilità di governare la cosa pubblica. Dicono tante parole, ma sostanzialmente se la cantano e se la suonano. Non si domandano: “Perché voi e non io?”, come ha fatto Papa Francesco le tante volte che ha varcato la soglia di un carcere. Sono invece proprio loro che dovrebbero chiederselo. gda 

Papa Leone alla FAO: fame come arma di guerra 

Il papa ha inviato un messaggio alla FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, di cui riportiamo alcuni passaggi interessanti. - La Chiesa incoraggia tutte le iniziative per porre fine all'oltraggio della fame nel mondo, facendo propri i sentimenti del suo Signore, Gesù, il quale, come narrano i Vangeli, quando vide una grande folla venire a lui per ascoltare la sua parola, si preoccupò prima di tutto di sfamarli, e a questo scopo chiese ai discepoli di farsi carico del problema. Tuttavia, quando leggiamo il racconto di quella che comunemente viene chiamata la «moltiplicazione dei pani», ci rendiamo conto che il vero miracolo compiuto da Cristo è stato quello di mostrare che la chiave per vincere la fame sta nella condivisione piuttosto che nell'avido accaparramento... - Il continuo dramma della fame e della malnutrizione, che persiste oggi in molti paesi, è ancora più triste e vergognoso quando ci rendiamo conto che, sebbene la terra sia in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti gli esseri umani, e nonostante gli impegni internazionali per la sicurezza alimentare, è un peccato che così tanti poveri del mondo manchino ancora del pane quotidiano. D'altra parte, stiamo assistendo con disperazione all'uso iniquo della fame come arma di guerra. Far morire di fame le persone è un modo molto economico di fare la guerra... - Ciò porta a un numero enorme di persone che soccombono al flagello della fame e della morte, con l'aggravante che, mentre i civili languono nella miseria, i leader politici si ingrassano con i profitti del conflitto.

Ri(flessioni). 

1. Non con le bombe Dopo dodici giorni di raid aerei di Israele l'attivista iraniana per i diritti umani, Nasrin Sotoudeh, più volte incarcerata e sempre sotto il controllo del regime, ha rilasciato un’intervista in cui sostiene che non saranno le bombe a portare un cambiamento nella società. E se anche ciò avvenisse non sarà niente di buono. Solo un referendum, cioè la volontà di un popolo, può portare al cambiamento verso un clima di libertà. Non è con le guerre, non è con la legge del più forte che si raggiunge la pace e si rispetta il diritto di tutti. Le guerre servono solo a generare altre ingiustizie e preparano il campo a guerre future. Oltre che arricchire i potenti e i mercanti d’armi già da oggi.

2. Rapporto Caritas 2025 Molto critico il Rapporto della Caritas per il 2025. I punti salienti e preoccupanti della relazione: - quasi trecentomila persone accolte e sostenute nei centri di ascolto - raddoppiato il numero di anziani che hanno bisogno di indispensabile aiuto, che non è solo di tipo economico ma anche culturale - sempre più forte disagio abitativo, con prezzi per la casa insostenibili per molti - persone che rinunciamo a visite e cure mediche. Si stima che siano almeno sei milioni gli italiani che rinunciano a curarsi. Alcuni pagano di tasca propria, ciò di cui hanno diritto, per le liste di attesa troppo lunghe - una luce: un numero altissimo di volontari che ogni giorno si mettono accanto, in mille modi, a chi è in difficoltà. L’attenzione agli ultimi dovrebbe essere una priorità per uno Stato moderno e lungimirante. 

3. Insostenibile Roberto Giachetti, ormai da 25 anni, si impegna per migliorare le condizioni di vita dei carcerati. Ha presentato, inascoltata, una proposta per ampliare la possibilità per la liberazione anticipata. Ha dichiarato che non comprende l’inerzia del Governo di fronte alla critica situazione delle carceri, emergenza che non può essere ignorata e dal capo dello Stato definita insostenibile (ma su questo tema chi mai lo ascolta il nostro Presidente!) Dal ministro della Giustizia arrivano solo parole irritanti, e quando invece sono condivisibili rimangono solo parole. Forse per loro la situazione è sostenibile, ci vivono altri. 

4. Emergenza caldo I lavoratori stagionali, quelli che nelle campagne raccolgono frutta e verdura, nonostante le leggi, continuano a lavorare in condizioni precarie. Non denunciano per non perdere il posto di lavoro. Quando uno muore si dirà: mai più una morte così. dt

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