Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza Numero 12/25 23 marzo 2025 Terza domenica di Quaresima
Ogni settimana riceviamo dal cappellano del carcere di Monza Don Tiziano Vimercati contributi "del tempo ordinario, settimanali di varia umanità" che vengono letti ai detenuti durante la messa della domenica. Abbiamo deciso di pubblicarli sul nostro blog perché riteniamo siano ulteriori testimonianze della vita carceraria.
Comunque occorre convertirsi
Forse qualcosa abbiamo imparato. Forse siamo diventati più umili di fronte alle grandi domande che ci tormentano (o, peggio, indifferenti). Il vangelo di questa domenica ci ricorda che siamo circondati dal male, che la vita la possiamo perdere in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo, anche banale. E che nessuno è al riparo da ciò che più ci fa paura, e che nessuno, ricco e potente che sia, può sfuggire alla morte. Gesù richiama due fatti di cronaca: l’uccisione di alcuni galilei da parte di Pilato durante una manifestazione di protesta, e un incidente, uno dei tanti che ogni giorno affliggono l’umanità, una torre che crolla e uccide diciotto uomini. Due fatti di cronaca, come ne succedono ogni giorno. Il primo causato dall’uomo, dalla sua cattiveria e volontà di potere. Il secondo da eventi imprevedibili, non dipendenti dagli uomini (ammesso che la torre sia stata costruita a regola d’arte e in seguito controllata). Due fatti che richiamano la realtà della morte, che alla fine possiamo anche accettare ma non certo amare. E qui, forse, sta ciò che abbiamo imparato. Di fronte alla sofferenza, alle calamità naturali, alle disgrazie dovute all’imperizia, non accettiamo più risposte prefabbricate, che vanno bene per tutti e per nessuno. Non pensiamo e non crediamo di soffrire e di morire tragicamente perché siamo peccatori. In troppi all’insorgere di una malattia grave con profonda angoscia si chiedevano quale peccato avessero commesso, perché Dio li stava castigando in quel modo. Oggi preferiamo il silenzio, ammettere di non sapere il perché. E’ vero, si può morire per la cattiveria di un altro, ma non è la mia, non è il mio peccato. E chi è cattivo, scandalosamente, prospera. Aggiungendo domanda a domanda. In realtà siamo spinti verso la domanda che più ci mette alla prova, capace di scuotere la nostra fede. Perché così tanto male nel mondo, perché la natura spesso si mostra matrigna, perché i pochi potenti e ricchi opprimono e mandano a morte tanti poveri in stupide e insensate guerre, perché la spirale dell’odio sembra non avere mai fine? Perché Dio, che si dice essere un Padre buono e misericordioso, permette tutto questo e, come dice qualcuno, si gira dall’altra parte? Centotrenta bambini sono stati uccisi a Gaza in questi giorni, colpiti dalle bombe. Chiediamoci allora dov’era Dio a Gaza, perché non basta dire che ora li accoglie a braccia aperte nel suo regno. Chiederci dov’era esprime il nostro dolore per aver fatto poco, per non esserci presi cura di loro, di esserci dimenticati che possiamo alzare lo sguardo verso Dio solo se lo teniamo alzato anche verso i fratelli e che è pura illusione e ipocrisia cercare il volto di Dio e dimenticare il volto del fratello. E’ forse per questo che molti cristiani non parlano più di Dio, perché in fondo al cuore intuiscono che a loro, dei fratelli sofferenti, non interessa proprio niente? Eppure il Signore con noi ha tanta pazienza e ci offre ancora del tempo per poterci convertire, ritornando a lui in compagnia dei fratelli incontrati e amati. dtiziano.
Due facce della stessa medaglia
Il 20 marzo scorso in parlamento si è tenuta una Seduta straordinaria per parlare dei drammi dei penitenziari: suicidi, sovraffollamento e inattuazione delle misure alternative alla detenzione. Respinte le proposte della minoranza. La ricetta del governo? Più penitenziari e più misure contro le rivolte (causate dal sovraffollamento). No a indulto e liberazione anticipata speciale. Meglio chiarirlo bene ancora una volta: non sono in previsione provvedimenti a favore dei cittadini detenuti, nonostante la tempistica per risolvere la questione delle carceri iper affollate costruendone di nuove non sia equiparabile alla tempistica per approvare un provvedimento di clemenza e alleviare nel breve periodo le condizioni di carcerazione. In carcere ogni tanto si sente questo mantra che fa sperare in qualcosa a favore dei detenuti: fantasie mischiate a utopistiche speranze. Niente di nuovo. Un anno fa, Antigone, associazione per i diritti dei detenuti, presentava un rapporto sulla giustizia minorile dal titolo "Prospettive minori", già di per sé enfatico riguardo l'abuso della carcerazione minorile e il rischio che i minori siano trattati dentro e fuori degli istituti di pena come gli adulti, spazzando via decenni di riflessioni e prassi nel mondo sociale, giuridico e pedagogico. I dati di quel rapporto ci dicono che anche il sistema della giustizia minorile è in affanno. Il sovraffollamento che in Italia rappresenta una piaga devastante nel mondo della detenzione per adulti è diventato strutturale anche in quella dei minori, attenuato solo dai trasferimenti dei giovani adulti nelle carceri per maggiorenni. Aggiungendo sovraffollamento a sovraffollamento, dunque, con trasferimenti che, purtroppo, mettono a rischio il percorso di reinserimento sociale di questi ragazzi. Il decreto legge Caivano ha impresso un approccio totalmente punitivo, aumentando enormemente il numero degli ingressi in IPM (Istituti Penali per i minorenni), anche in custodia cautelare e per reati, come quelli legati alle droghe, di lieve entità. Ma il problema non è solo di natura penale, quanto anche di natura comunicativa: la rappresentazione mediatica del mondo giovanile sembra descrivere un sistema fuori controllo, mentre i dati ci dicono che sia il numero di reati in generale, sia quello degli omicidi, vive una fase oscillante e non un'impennata. Questa narrazione costante però comporta un cambiamento della percezione dei cittadini sul tema, portando a risposte di natura esclusivamente penale e securitaria non necessarie e forse controproducenti. e.n.
“Morire di pena”
E’ il titolo di un libro di un giornalista, Alessandro Trocino. L’intenzione dell’autore non era di presentarci teorie, più o meno pertinenti, sul mondo del carcere e della situazione in cui sono costretti a passare il tempo i carcerati. Molto più semplicemente, ma forse con più verità e certamente con più compassione, si narra la storia di dodici persone che in carcere si sono tolte la vita. Un modo per ricordarli, per dire a noi stessi che non erano solo numeri, buoni per qualche statistica, inevitabili incidenti di percorso. Uomini e donne con la loro dignità, legami familiari, padri e madri di famiglia, giovani che ancora sognavano e che hanno lasciato un vuoto. Dovremmo chiedere perdono. Alessandro Trocino, Morire di pena, Laterza
21 marzo, Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie
Il 21 marzo è la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, istituita per commemorare coloro che hanno perso la vita a causa della criminalità organizzata. Persone poco conosciute, ma la loro morte ha creato grande sofferenza e vuoti dolorosi nelle loro famiglie. Il 21 marzo di ogni anno, ormai da trent’anni, in una città italiana, l’Associazione “Libera” di don Luigi Ciotti organizza un momento per ricordare coloro che sono morti, senza alcuna colpa, per mano della mafia. Non una celebrazione fine a se stessa, ma un riportare alla memoria il sacrificio di chi ha perso la vita, i loro nomi, un rinnovato impegno a costruire percorsi di legalità e di rispetto. Quest’anno si è svolta a Trapani e ha visto proclamare il nome di ben oltre 1100 vittime. Uno stralcio interessante di un’intervista rilasciata da don Luigi Ciotti. Mi fa arrabbiare che le mafie esistano: vederle così forti, arroganti, sicure degli appoggi di cui continuano a godere. Ma ancora di più mi fanno arrabbiare quelli che dicono: vedi, non è servito a niente. Vale per le mafie come per le ingiustizie sociali. Sono in tanti a riconoscere i problemi, molti meno a decidere di farsene carico. E qualcuno, per sentirsi assolto nella propria inerzia, se ne esce con questo disfattismo da salotto: “lo vedi, non cambia mai niente”. Non è vero! Cambiano le vite delle persone fragili e oppresse, quando incontrano qualcuno che tende loro la mano. Cambiano le decisioni pubbliche, quando in tanti si mobilitano per indicare la giusta direzione. Cambiano le sensibilità, se c’è un investimento educativo e culturale coerente. Cambiano le strade stesse, se da luogo di degrado, di criminalità e di pericolo, diventano spazio dedicato all’incontro, alla solidarietà e alla denuncia delle ingiustizie. Lasciamoci interpellare perché parla anche di noi, di ciò che ciascuno può fare.
Un po’ d’aria in più
La Corte costituzionale ha decretato che anche i detenuti al 41 bis hanno diritto a quattro ore d’aria al giorno. Ma c’è voluta la sollecitazione della giustizia europea e, soprattutto, dal tribunale di sorveglianza di Sassari dopo il reclamo di un detenuto. E nonostante il parere contrario dell’Avvocatura di Stato. Attenzione però: la direzione del carcere e i magistrati di sorveglianza possono ridurre le ore da 4 a 2 per giustificati motivi. gd
Ri(flessioni).
1. Suicidi in carcere Altra settimana di passione per le persone detenute: suicidi, gesti di autolesionismo, risse e aggressioni. Domenica a Verona, nel carcere di Montorio, si è impiccato un uomo di sessantanove anni, originario del Senegal. Martedì, sempre nello stesso carcere di Verona, a togliersi la vita è stato un cinquantasettenne italiano, rinchiuso da pochi giorni. In questo carcere ci sono stati, in soli due anni, ben otto suicidi. E sempre martedì, a Foggia, è morto un quarantacinquenne, italiano di Vieste, persona fragile, con problemi psichiatrici, e che già in passato aveva tentato il suicidio. A detta anche dei politici al governo non era quello il posto in cui doveva stare. Perché allora era rinchiuso? Facile parlare e poi rimandare tutto a un domani che per troppi non arriverà mai, se mai arriverà.
2. Repressione in Nicaragua Sempre più pesante la repressione contro tutte le chiese, di qualsiasi confessione, e contro le associazioni o organizzazioni umanitarie, e chiunque osi mettere in discussione l’operato del dittatore Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo. Ottocentomila nicaraguensi hanno già lasciato il paese per sfuggire alla persecuzione (12% della popolazione). Una nuovo pesante obbligo grava ora sui sacerdoti: ogni settimana devono recarsi al posto di polizia per chiedere l’autorizzazione a celebrare le messe. Processioni e manifestazioni pubbliche sono già da tempo proibite. I sacerdoti sono controllati anche all’interno delle chiese e rischiano l’arresto se qualche parola ha il sapore di una critica al regime. Senza libertà religiosa non ci può essere pace né tra i popoli né all’interno di una nazione.
3. Rapimenti in Nigeria La Nigeria soffre della grave piaga dei rapimenti. Non riguarda solo la chiesa, e non è solo una questione di libertà religiosa. Si tratta di estorsioni, una questioni di soldi. In dieci anni 145 preti sono stati rapiti, 11 di questi sono stati uccisi e di 4 non si ha più alcuna notizia. Quando i soldi sono più importanti della vita umana (se però è quella degli altri).
4. Almeno lei Una storia che sembra giunta a un buon fine ma che non cancella la tristezza di quanto avvenuto. Una bambina di pochi mesi è stata portata in Italia dal Marocco, custodita in un borsa della spesa, in modo del tutto illegale. Considerata merce in mano a trafficanti senza scrupoli o tristissima storia di povertà e ignoranza? In ogni caso la bimba merita il nostro affetto e che sia la benvenuta qui in Italia. Almeno lei.
5. Eutanasia per una ragazza Una giovane spagnola di 23 anni, paraplegica, ha ricevuto il via libera dal tribunale di Barcellona alla richiesta di eutanasia. Con grande dolore del padre. Siamo comunque vicini a questa ragazza e che possa trovare la pace che desiderava. dt.
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