Numero 11/25 16 marzo 2025 Seconda domenica di Quaresima Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza



Ogni settimana riceviamo dal cappellano del carcere di Monza Don Tiziano Vimercati contributi "del tempo ordinario, settimanali di varia umanità" che vengono letti ai detenuti durante la messa della domenica. Abbiamo deciso di pubblicarli sul nostro blog perché riteniamo siano ulteriori testimonianze della vita carceraria.

Trasfigurazione 

L’apostolo Pietro, pur non del tutto consapevole di quanto stava dicendo, aveva compreso la bellezza del volto di Gesù, ne aveva intravista la gloria: Maestro, è bello per noi essere qui, facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Queste parole le ha pronunciate dopo che Gesù lo aveva invitato, insieme a Giovanni e a Giacomo, a salire sul monte per pregare. Così leggiamo nel vangelo: E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. In quegli istanti è apparsa a Pietro, e agli altri due apostoli, una bellezza incomparabile, se possibile da trattenere. Giusto, la bellezza trasforma l’esistenza, rende la vita degna di essere vissuta. Senza la bellezza la vita diventa grigia, insignificante, credo pure pericolosa. Anche se possediamo immense ricchezze. Eppure Pietro e gli altri due apostoli hanno fatto fatica a comprendere fino in fondo quella gloria che stavano contemplando. In seguito, lentamente, avrebbero compreso meglio quanto accaduto. Cosa c’era ancora da capire? Mosè ed Elia parlavano della morte di Gesù che sarebbe avvenuta a Gerusalemme. Forse questo particolare, al momento, era loro sfuggito. Non si capisce il motivo di mischiare la bellezza con ciò di cui l’uomo ha più paura e non apprezza. Ma questa è la gloria di Gesù, la strada da Lui scelta. La sua gloria passa attraverso la croce, la sofferenza e anche la morte. Ecco perché non era del tutto giusto voler trattenere solo una parte della bellezza, come desiderava Pietro. La bellezza per il cristiano passa attraverso la croce, l’amore donato totalmente, e nella comprensione che questa bellezza è ciò che più ci avvicina a Dio. Giusto dunque voler rimanere nella visione della gloria di Gesù purché si rimanga anche nella logica della croce, purché anche per noi si parli del compimento a Gerusalemme. Dunque: il cristiano non si chiude nel presente, ne rimarrebbe schiacciato, la realtà spesso ha una forza distruttiva, la realtà è capace di spegnere la speranza, ci fa credere che non sia possibile migliorare, così è e così sarà sempre. Ciò che gli apostoli hanno visto, quando Gesù si è trasfigurato, li ha svegliati dalla sonnolenza, ha mostrato loro che c’è un futuro di bellezza, che c’è una capanna tra noi dove da sempre Dio abita. L’uomo non è solo nel pellegrinaggio della vita, ogni suo passo è compiuto alla sua presenza. Il cristiano non si chiude neanche nel futuro, a cui comunque deve guardare con fiducia. Pensare solo al cielo perché ciò che conta è ciò che ci attende, e la vita, nostra e dei fratelli, è poca cosa rispetto alla vita eterna, è come voler rimanere, comodi, in qualche capanna sul monte, sia pure in compagnia di Gesù. dtiziano.

Richiamo del Card. Zuppi Il card. Matteo Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha preso una posizione netta, e non è la prima volta, in merito alla situazione delle carceri italiane. Lo ha fatto nell’Introduzione dell’incontro del Consiglio permanete dello scorso lunedì 11 marzo. Ha ricordato quanto già detto da papa Francesco in occasione dell’indizione del Giubileo, quando invocò misure di clemenza per i detenuti di tutto il mondo. Riportiamo la parte in cui parla espressamente dei detenuti. I segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza. Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo ne indica alcuni, tutti decisivi. Ricordiamo, in particolare, quello dei detenuti, che «privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto» (Spes non confundit, 10). Rinnoviamo la sua richiesta di iniziative che restituiscano speranza, come forme di amnistia o di condono della pena, volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società, ma anche percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un reale impegno nell’osservanza delle leggi. È una sollecitazione che coinvolge, in primo luogo, le nostre comunità cristiane chiamate a una rinnovata creatività e generosità per quanti sono pellegrini di speranza con noi. Una visione ampia e completa: la pena inflitta non può essere solo punizione e carcere ma soprattutto fatta di percorsi positivi di reinserimento nella società, aiutando i detenuti a recuperare fiducia in se stessi. Con il coinvolgimento delle comunità cristiane e della loro capacità di accogliere e di creare occasioni propizie per un nuovo inizio. dt.

Sovraffollamento e misure possibili 

“Il sovraffollamento contrasta (la Costituzione) e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Mattarella nel discorso di fine anno. Che si è fatto per rimediare? Niente. Anche le proposte dei Garanti dei detenuti (far uscire chi deve scontare meno di un anno, pene alternative per i 19.000 che devono scontare meno di tre anni) sono ignorate. Pure il cardinale Matteo Zuppi, in una recente riunione, ha chiesto al governo italiano iniziative di condono o di amnistia. Ancora niente. Nel 2006 invece il Parlamento a grande maggioranza, con un indulto, ha svuotato le carceri, affollate come oggi, riducendo la popolazione del 35 per cento. Una follia? Tutt’altro. Intelligenza e lungimiranza. Dimostrazione: nei primi sei mesi del 2007 le morti in carcere, rispetto al 2006, sono diminuite del 60 per cento, i suicidi da 16 a 2. Perché non ripeterlo? gd.

Luciano Ligabue 

13 marzo: compleanno di Luciano Ligabue (1960) e dodicesimo anniversario dell’elezione di papa Francesco (2013). Ecco quanto ha detto Ligabue. Francesco è stato eletto il giorno del mio compleanno, quindi per forza è finito subito sotto la mia attenzione. In lui ho sentito l'unica voce autorevole che si è fatta avanti per la pace, reclamandola a viva voce. E per questo ho cantato l'anno scorso in sua presenza per l'iniziativa delle associazioni cattoliche "Arena di pace": sono andato perché credo che ci stesse dentro e ho cantato. Sono sempre i sogni a dare forma al mondo. Ho l’impressione che siano in molti a dire che ormai l’unica voce capace di farsi sentire, forte e potente, in favore della pace, sia quella di papa Francesco. Ma sono anche in tanti a credere che le sue siano solo belle e nobili parole, che la realtà è un’altra, che la pace va difesa con le armi, che devi preparare la guerra se vuoi la pace (si vis pacem para bellum). Sembra che per molti le parole del papa esprimano solo un sogno, inteso però come qualcosa di irrealizzabile. Il sogno, invece, ci migliora, ci allarga l’orizzonte, ci permette di superarci in continuazione, sono sempre i sogni a dare forma al mondo, ci ha ricordato Luciano Ligabue. 

Marta, ragazza come tante Ascoltiamo queste parole che ci possono fare molto bene. Sono Marta Russo, cavaliere della Repubblica, una ragazza come tante, ma con qualcosa in più, la mia disabilità. Durante la mia vita ho potuto sperimentare le difficoltà delle barriere, non solo architettoniche, ma soprattutto culturali e normative. Ho sempre dovuto lottare per far rispettare i miei diritti sia in quanto donna sia in quanto persona con disabilità. Siamo abituati a vedere le difficoltà e i limiti delle persone: ci soffermiamo a guardare la sedia a rotelle e non la Persona che è seduta su quella sedia. In diversi contesti, l’interlocutore si rivolge all’accompagnatore, parla di noi, ma non con noi. Oggi finalmente i tempi sono maturi per iniziare il cambiamento, capire che non siamo la nostra disabilità... Cos’è per me il cavalierato? Un segno che lo Stato supporta moralmente noi persone con disabilità e che piccoli passi per l’inclusione si fanno davvero ogni giorno



Ri(flessioni). 

1. Detenuto muore in cella Sami Bettibi, detenuto tunisino di 56 anni, dopo essersi barricato nella cella, ha dato fuoco a materasso e coperte, perdendo la vita nell’incendio. E’ accaduto nel carcere di Capanne, Perugia. Le carceri umbre in questo momento hanno raggiunto un livello di sovraffollamento mai avuto nella storia. Purtroppo l’accaduto era stato preannunciato in più occasioni ma potrebbe essere l’inizio di una escalation se non si interviene immediatamente, così si è espresso il Garante dei detenuti della regione Umbra, Giuseppe Caforio. 

2. Perché certe scelte? Anche alla luce di quanto accaduto in questi giorni ci si chiede ancora quale sia il senso di simili scelte. La nave della Ong Mediterranee ha ricevuto la comunicazione, dopo aver soccorso 25 persone, di sbarcare subito, nel porto più vicino, i minorenni a bordo. Questo, giustamente, per garantire il loro diritto alla protezione secondo le leggi italiane ed europee. Sono scesi solo i minorenni con i familiari: dieci persone. Le altre quindici hanno proseguito il viaggio verso il porto assegnato dalle autorità italiane: Marina di Carrara. Altri due giorni di navigazione per persone già stremate da lunghi viaggi, sofferenze e soprusi che ormai conosciamo bene. Oltre a un dispendio di risorse per il prolungato viaggio. Qualcuno potrebbe spigare quale sia il senso di simili scelte o si tratta solo di rendere il più difficile possibile i soccorsi in mare? 

3. Il frutto della vendetta Ancora sangue in Siria: più di mille alauiti, legati all’ex presidente Assad, sono stati trucidati come vendetta per i soprusi subiti in passato. Un’azione da condannare per il male inferto alle vittime, alle famiglie e alla comunità civile che ancora sa distinguere il male dal bene. Un’azione che rende ancor più difficile e lunga la strada per la pace. Lo stesso leader attuale ha affermato: il sangue genera solo altro sangue. Parole che fanno sperare e che dovrebbero pronunciare tanti leader mondiali che con le loro scelte, militari ed economiche, stanno insanguinando il mondo, condannandoci a un clima di sofferenza e di paura. 

4. Fucilato Aveva scelto di essere fucilato e di non subire altre procedure di esecuzione capitale. E così è stato: un plotone d’esecuzione, con tre agenti volontari, ha posto fine alla vita di Brad Keith Sigmon, condannato per gli omicidi dei genitori della fidanzata. Da quindici anni non avvenivano più condanne a morte mediante fucilazione (con questo metodo è solo la quarta in cinquant’anni). I delitti commessi sono sempre orrendi, il dolore arrecato immenso e non si cancella mai. Uccidere l’assassino è davvero giustizia? dt

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