Numero 3/25 19 gennaio 2025 II domenica del Tempo Ordinario Settimanale di varia umanità carceraria C.C. di Monza
Che strano il primo miracolo di Gesù: non era per guarire gli ammalati, per sfamare gli affamati, qualche volta anche per riportare in vita i morti; miracoli utili a lenire la sofferenza degli uomini e mantenerli in vita. Come primo miracolo trasforma una grande quantità di acqua in vino buono. Certamente utile per risolvere una situazione che si era fatta troppo imbarazzante (che figura, in una festa di matrimonio, restare senza vino). Ma era anche davvero necessario quel miracolo? Del vino si può anche farne a meno, in fondo serve solo a rallegrare il cuore dell’uomo. Agli affamati e ai miseri non si dà il vino, ma il pane, questo sì indispensabile per vivere. Però, al demonio che nel deserto lo tentava, Gesù disse: Non di solo pane vive l’uomo. Non di solo pane: l’uomo non si esaurisce nei bisogni materiali, non è solo carne. Forse anche ciò che può sembrare un di più in realtà ci è necessario, risponde a bisogni profondi del nostro cuore, bisogni non meno importanti e fondamentali di quelli materiali che ci tengono in vita. Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Il vino sembra il protagonista del brano di vangelo di oggi. Del resto il libro del Siracide (31,33) così parla del vino: Che vita è quella di chi non ha vino? Questo fu creato per la gioia degli uomini. Che vita è quando non c’è gioia? Possiamo essere ricchi, potenti, famosi, ma arriva il momento in cui ci si rende conto che abbiamo bisogno d’altro, che la gioia non ci è data dalle cose e che essere soli nella vita, senza alcuna relazione vera e profonda, non è molto bello. In ogni caso arriva il momento in cui manca il vino, come alle nozze di Cana. Il momento in cui qualcosa che ci ha allietato e di cui abbiamo goduto viene meno. E’ il momento della sofferenza, della nostalgia, qualche volta della disperazione. Può mancare il vino perché si perde la freschezza di un amore che ci ha entusiasmato, che ci ha dato l’impressione di volare alto, di essere pronti a sfidare il fuoco per la persona amata e ora, invece, ci sembra che tutto sia finito, di vedere l’amata come un’estranea o addirittura una nemica. Può mancare il vino perché ci sembra di aver perso ogni ideale, ogni entusiasmo, ogni desiderio di realizzare cose grandi e belle. Il vino manca quando, dopo aver mantenuto la fede per tutta la vita, ci sembra di diventare increduli ogni giorno di più. Può mancare il vino quando non riusciamo più a compiere gesti di gratuità, a donare qualcosa di noi stessi, quando cediamo alla logica del dare-avere e ci chiudiamo nell’egoismo, quando perdiamo la capacità di tenere gli occhi aperti sulla sofferenza del fratello ma, allo stesso tempo, proviamo un certo disagio, non siamo contenti e abbiamo un po’ di nostalgia per un cuore grande che non riusciamo più ad avere. Sì, questo può capitare. Può mancare il vino, perché la nostra vita è così, ci scopriamo fragili, peccatori, senza più capire il senso della vita, senza scorgere nessuna presenza che possa aiutarci. Dice la madre di Gesù ai servitori: qualsiasi cosa vi dica, fatela. Ecco il vino nuovo donato da Gesù, in misura quasi eccessiva. Quel vino che permette alla festa di nozze di continuare, che dà senso a ciò che sta avvenendo, rivela la gioia stessa di un Dio vicino all’uomo, partecipe di ciò che accade nella nostra vita di uomini, vicino non solo nel dolore ma anche nei momenti felici. E’ il simbolo della gioia dell’uomo che sperimenta l’amore di Dio su stesso. Gesù, però, non è solo colui che dona il vino nuovo: Gesù è il vino nuovo, è colui che porta a compimento tutte le attese e manifesta la profondità dell’amore di Dio, ora la comunione tra Dio è l’uomo è piena e non revocabile. Il vangelo dice che con questo miracolo Gesù manifestò la sua gloria: troppo poco per una pur spettacolare mutazione dell’acqua in vino. Quel vino donato è il simbolo dello stesso Gesù, piena rivelazione di Dio, che si offre agli uomini interamente manifestando così l’amore del Padre. Non è poi così strano questo miracolo. dtiziano
Garante delle persone private della libertà personale Anche Monza ha
finalmente il Garante delle persone private della libertà personale. Ha lo
scopo di vegliare sulle condizioni di vita dei detenuti e sull’eventuale
mancato rispetto dei diritti individuali, sul rispetto della Costituzione in
merito alla pena inflitta, coordinandosi con l’Istituzione carceraria per
assicurarsi che il periodo detentivo dei carcerati sia effettivamente volto
alla riabilitazione e a preparare le persone al ritorno alla comunità. La
Giunta Comunale ha scelto come Garante Roberto Rampi, già deputato e senatore
con diverse esperienze in campo amministrativo e politico. Intervento del
sindaco di Monza, Paolo Pilotto. “Questa importante nomina è divenuta
possibile grazie alla leale collaborazione tra Istituzioni e all’impulso dei
Consigli Comunali, con l’obiettivo comune di fornire ai detenuti un mezzo di
garanzia del rispetto dei loro diritti e di assicurare un’ulteriore fonte di
continuo e attento monitoraggio delle situazioni di detenzione, in stretta
collaborazione con la dirigenza della Casa Circondariale”. Auguriamo buon
lavoro al nuovo Garante, un impegno importante e significativo che aiuti a
rendere il più possibile il carcere come luogo di rieducazione.
Pillole di conoscenza! Sul territorio milanese (e
dell'area Nord Milano in particolare) sono molti i progetti di inclusione
sociale che riguardano detenuti ed ex detenuti. Tra i tanti, è davvero
esemplare: "TAG - Tutta un'Altra Giustizia" nasce nel maggio 2023 per
rispondere alla crescente richiesta di percorsi di giustizia di comunità emersa
con la Riforma Cartabia (ottobre 2022). E’ una risposta alle criticità legate
all’offerta e allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità nell’area
metropolitana milanese. Al progetto partecipa anche la Casa della Carità,
l'ente benefico voluto dal card. Martini, con il Comune di Milano. E’ un
progetto esemplare perché investe sulla persona detenuta in maniera completa e
complementare, non solo per dare un lavoro o una formazione. All’interno di
questo percorso si introduce una figura di accompagnamento educativo che
supporta sia le persone prese in carico che gli enti. Si prevedono percorsi a
maggiore intensità di intervento per soggetti particolarmente fragili, che più
spesso rischiano di non portare a termine la misura per criticità emerse, che
così avranno lo spazio per una valutazione ed eventuale invio ai servizi
competenti. Per i soggetti in carico sarà possibile partecipare all’interno
delle ore prescritte dal magistrato a percorsi formativi (formazione sicurezza
on line, formazione laboratoriale sulle soft skills, laboratori di gruppo su
consapevolezza e responsabilizzazione). L’attività è inserita all’interno di un
contesto di confronto e di scambio di diverse realtà che operano in progetti
riguardanti cittadini sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria. Il
Progetto TAG propone la figura dell’operatore per la giustizia di comunità che
operi come facilitatore per l’accesso alle misure di comunità all'interno dello
sportello di prossimità di UIEPE presso il Tribunale di Milano, in stretto
collegamento con lo sportello del Comune di Milano per i Lavori di Pubblica
Utilità e i percorsi di Messa Alla Prova. Si attiva su segnalazione di UIEPE,
del Comune di Milano, degli enti del partenariato e su diretta segnalazione
degli interessati e degli avvocati. Questo è un modello da imitare. Anche a
Monza. e.n.
Ri(flessioni).
1. La morte di Rami
Tante parole sono state dette attorno alla triste morte del giovane Rami. Quelle più degne di essere ascoltate sono state quelle della famiglia di Rami. Su queste parole sì che dovremmo riflettere. Noi, la famiglia Rami Al-Jamal, vorremmo esprimere in modo chiaro e fermo la nostra posizione riguardo agli eventi che hanno seguito la tragedia che ci ha colpito con la perdita del nostro caro figlio Rami. Perdere Rami è per noi un dolore grande, indescrivibile. Il nostro unico desiderio è che la giustizia sia fatta senza alcuno sfruttamento o manipolazione. Siamo profondamente rattristati e preoccupati nell'apprendere che il nome di Rami viene utilizzato come scusa per atti di violenza. Condanniamo fermamente tutte le forme di violenza vandalismo avvenute durante le manifestazioni delle ultime ore. Crediamo che la memoria di Rami debba essere un simbolo di unità, non di divisione o distruzione. Invitiamo tutti coloro che desiderano onorare la sua memoria a farlo in modo pacifico e costruttivo, attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. Dichiariamo inoltre il nostro totale rifiuto di qualsiasi uso politico del nome di nostro figlio. Rami era un giovane pieno di vita, amato dalla sua famiglia e dai suoi amici, e non vogliamo che la sua personalità venga sfruttata per fini che non hanno nulla a che vedere con la verità della nostra richiesta, che è ottenere giustizia.Confidiamo pienamente che la magistratura le forze dell’ordine facciano la loro parte per raggiungere giustizia ed equità. Chiediamo tutti di rispettare il nostro dolore e di unirsi a noi nella ricerca di un percorso che conduca alla vera giustizia, senza odio, senza violenza e senza divisioni. Il padre dopo i gravi disordini scoppiati per protestare per la morte di Ramy ha aggiunto queste altre parole: Non fate casini contro la polizia, perché la polizia difende la sicurezza in tutta Italia. Quando ci sono ragazzi che fanno manifestazioni per la giustizia di Ramy, fatele solo pacifiche. Non fate casino, non fate niente. Onore e rispetto per questa famiglia.
2. Tregua a Gaza
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