Tradizione natalizia calabrese di Cumpa.



Purtroppo in questi periodi che precedono il Natale in carcere si respira tanta tristezza. Natale è il giorno più duro per noi perché ci sentiamo soli, tanto soli. Dato che le tradizioni non muoiono mai, vi voglio raccontare i miei Natali da bambino in Calabria. Quando ero piccolo la mia casa si riempiva di bambini e familiari. Ricordo che ci rincorrevamo per la casa creando molta confusione, facevamo cadere sedie, cibo e le nostre madri ridevano vedendo tutti quei bambini ridere, giocare, e fissare l’albero stracolmo di regali. Ricordo che il pranzo di Natale era una vagonata di pietanze che per elencarle tutte passa molto tempo. C’erano le lasagne, i dolci, la carne;  il capretto arrosto col patate non mancava mai e al sugo con i maccheroni freschi. Tra lasagne maccheroni e sugo di capretto dire che ero al settimo cielo era poco. Da noi si usa l’abbondanza di primi e secondi piatti e dolci – tanti dolci- che duravano tre giorni consecutivi, e in quei tre giorni non si smetteva mai di mangiare. Mia madre e le mie zie impastavano già due giorni prima di natale verso il 22 dicembre 30 kg di farina dentro grandi bacinelle e lì si sgranavano gli occhi di noi bambini sì perché il giorno che iniziavano a sfornare i dolci era un mangia –mangia, in abbondanza. Preparavano sia al forno che al fritto, i dolci specifici erano le “Grespelle” di zucca o acciughe ripiene, cicerata, ma la più buona era la “pittanchiusa” detta pitta, che ora vi descrivo: la famosa pitta ch’io vado ghiotto sarebbe così: fatta di pasta frolla, noci, uva sultanina, e vino cotto. La procedura è fare una base di pasta frolla con bordo alto cinque centimetri fatto ciò si fanno cinque sfoglie lunghe venti centimetri larghe dieci poi al centro per la lunga si mette noci tritate uva sultanina, si chiudono e si rotolano a girella, dopo averne fatte cinque si mettono nella base, legare la base solo sotto con uno spago affinchè non si muovano, si mette tutto in forno e dopo di che s’immergono in ammollo per dieci minuti nel vino cotto, dopo aver fatto ciò si rimettono in forno il tempo giusto per evaporare il vino cotto. La cosa migliore è farle due giorni prima di mangiarle.

Questo è il mio dolce preferito. Comunque i  miei ricordi dei natali fino a 2016 sono stati pieni di amore famigliare tutto questo per tre giorni non stop, tra tombola sette e mezzo, scopa, scala, e altro era come un trovarsi in stazione, tipi chi viene e chi va, chi dorme e chi gioca. Ho vissuto davvero il natale al meglio in famiglia, e non potrò mai dimenticarne uno solo, e augura a tutti voi più bello dell’altro che passerete in famiglia. Buon appetito e non fatevi scrupoli di dieta, dato che accade una volta all’anno.            

 

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