DENTRO FUORI Numero 32 15 dicembre 2024 Terza domenica di Avvento Settimanale di varia umanità carceraria C.C.di Monza

 


Siate sempre lieti nel Signore 

L’apostolo Paolo, scrivendo ai filippesi, rivolge un forte invito in questi giorni così vicini al Natale. Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. Che non sia poi così semplice capire cosa sia la letizia, e vivere in modo lieto, forse l’aveva capito anche Paolo perché ripete due volte l’invito: ve lo ripeto, siate lieti. A dieci giorni dal Natale si respira ogni giorno di più un’atmosfera diversa, appunto natalizia, una moltitudine di segni ci raggiunge in ogni situazione, una frenesia insolita attraversa le nostre giornate. Alcuni sono contenti, impegnati in tanti modi a rendere bello il Natale, altri sempre più tristi con il cuore colmo di sofferenze che si acuiscono ancor di più; altri ancora stanno bene nella loro impassibile indifferenza. Per tutti c’è la possibilità di accorgerci che il motivo per essere lieti è il grande dono che riceviamo. E’ per chi è contento, per chi sta soffrendo, e anche per chi è indifferente. Sta a noi capire qual è questo motivo di letizia. San Paolo ci aiuta perché, dopo averci invitati a essere lieti, ci dice anche il perché: il Signore è vicino! A chi è contento: tutto può essere bello e buono nella vita, ma la radice della letizia è il Signore che sempre ci è vicino, è Gesù tra noi. Perché il Natale è, prima di tutto, Gesù tra di noi. Un Natale senza Gesù, per un cristiano non è Natale. In questa settimana cercavo delle statuine per il presepe. E’ stato difficile trovarle. Nei centri commerciali c’era di tutto, addobbi di ogni tipo, piccoli e grandi alberi, stelle, babbi Natale. Scusi, ma non avete le statuine del presepe? A chi è nella sofferenza: forse Gesù ha una parola buona, una parola di consolazione soprattutto per chi soffre, vuol essere vicino ai cuori affranti, perché chi soffre ha il cuore più disposto alla speranza, ha più sete di parole di consolazione. Troppo spesso si sente qualcuno affermare: speriamo che questo Natale passi in fretta perché per me è un giorno in cui sto ancora peggio. A chi è indifferente: il Signore Gesù è discreto, non si impone, ci lascia piena libertà. Ma nel suo cuore tutti trovano posto, tutti possono accorgersi che gli siamo cari. Il Signore sa attendere. E i modi per accoglierlo sono tanti, più di quanti pensiamo, e dunque anche i modi per essere lieti. Che tutti, in un modo o nell’altro possiamo essere lieti in questo ormai vicino Natale, e in ogni giorno. dtiziano .

Perfetta letizia 

Interessante come san Francesco intendeva la letizia. "Ma quale è la vera letizia? Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all’'estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d'acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: "Chi è?". Io rispondo: "Frate Francesco". E quegli dice: "Vattene, non è ora decente questa, di andare in giro, non entrerai". E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: "Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te". E io sempre resto davanti alla porta e dico: "Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte". E quegli risponde: "Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là". Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima". (Fonti francescane)

Storia di R, uno come noi 

Questa è la storia di uno come tanti di noi. R. perde il lavoro nel 2007, è un operaio metalmeccanico. Con i risparmi e l’assegno di disoccupazione riesce per un po’ a pagare il mutuo e le bollette, poi il sussidio finisce e anche i risparmi. Decide allora di venire a Milano perché “questa città mi dà da mangiare”. Diventa invisibile, ha contatti solo con i volontari delle mense serali. Ben presto non ha più la forza per recarsi alla mensa. Ai colloqui di lavoro ha rinunciato da tempo: i segni sul viso del freddo e degli stenti parlano per lui e non piacciono ai datori di lavoro. Perso nel baratro della solitudine e nel buio che attanaglia la povertà, si lascia coinvolgere in piccoli atti illeciti. Si ritrova in carcere con una condanna a 1 anno e 6 mesi. I suoi compagni di cella, ospiti di lunga data dell’istituto, deridendolo per l’esiguità del fatto e della pena, gli spiegano che per quelle pene così brevi non si va in carcere. R. si informa e gli viene consegnato il modulo per la richiesta di misura alternativa. Inizia a compilarlo fino alla voce “domicilio”. Lui una casa non ce l’ha, gli amici li ha persi, i genitori non ci sono più e i parenti sono lontani, in tutti i sensi, e la vergogna prevale sul bisogno di aiuto. Sembra ormai rassegnato. Oggi, invece, può raccontare del suo lavoro come manutentore delle aree verdi comunali ottenuto durante il periodo di articolo 21 e poi con l’affidamento ai servizi sociali. Aveva cominciato con una borsa lavoro di tre mesi, quanto è bastato per riaccendere in lui la speranza e la voglia di tornare a vivere. Al termine della borsa, aveva dimostrato buona volontà e disponibilità al lavoro e così ora è già al terzo rinnovo del contratto. Nel suo racconto c’è tutta la gratitudine per quei volontari incontrati in carcere che l’hanno aiutato perfino a trovare ospitalità presso l’housing sociale, ottenendo così il domicilio necessario per presentare la richiesta di pena alternativa. La storia di R. insegna a non mollare, a chiedere aiuto, a credere negli altri e soprattutto in se stessi. Ringraziamo tutti quei volontari che ci donano un momento delle loro giornate per aiutarci a riabbracciare la vita. en.

Siria: Paese sicuro?

I Paesi europei si stanno preparando a sospendere la valutazione dei dossier di diritto di asilo ai cittadini siriani. La situazione in Siria non è certamente chiara: diversi gruppi, armati gli uni contro gli altri, si dividono il territorio, Israele bombarda le alture del Golan, Turchia e suoi alleati conquistano città in mano a organizzazioni curde, la Russia difende le sue basi militari, i conquistatori di Damasco instaurano un debole governo di transizione: insomma è il caos. La preoccupazione dell’Europa (eccetto forse solo la Spagna) è rimandare a casa cittadini siriani. L’ossessione migratoria dei ministri dell’interno europei è così cieca che può mettere in crisi l’economia. Basti pensare che in Germania, la più generosa nell’accogliere (governo Merkel) un milione di siriani, ben il 64% dei rifugiati ha un lavoro, il 90% versa contributi previdenziali, con una retribuzione lorda media superiore a quella media nazionale proprio perché ha un lavoro altamente qualificato. Un rimpatrio in massa sarebbe un problema economico devastante. Ma il maggior rischio è di mandare al massacro centinaia di persone in balia di gruppi armati che inevitabilmente di contenderanno un territorio da anni devastato da una guerra civile di tutti contro tutti. gd.

Quando si tratta di chiudere le frontiere, di respingere i migranti, di rivedere precedenti scelte di apertura, basta poco per decidere velocemente, e anche a livello europeo si trova subito l’accordo. E’ quanto sta avvenendo con le domande di asilo presentate dai profughi siriani ai vari paesi europei. Gli ultimi avvenimenti in Siria sono bastati per assumere scelte di chiusura. Neanche la pazienza di attendere ciò che può accadere. Un futuro positivo di libertà? Bene. Un futuro con una nuova dittatura? Chi lo sa. Prevale sempre qualcosa d’altro quando ci si vuol liberare di chi chiede accoglienza, e secondo le leggi internazionali ne ha pure diritto (lasciando stare, per il momento le più importanti ragioni umanitarie). Stiamo trasformando il povero in nemico.

 Ricordiamoci cos’era il regime in Siria, sotto il dominio degli Assad. Ragheed al-Tatari, 70 anni, è un ex-pilota militare che si rifiutò di bombardare la popolazione civile, dopo che era insorta, e per questo ha passato ben 43 anni nelle prigioni siriane, quelle prigioni di cui in questi giorni ne vediamo tutto l’orrore. Ora Ragheed al-Tatari, il detenuto politico che ha passato più tempo in carcere, è finalmente libero. Anche a lui hanno rubato la vita, come alle decine di migliaia di siriani che invece sono morti dopo torture indicibili. Possiamo dire: almeno lui è vivo? dt.

Ri(flessioni).

1. Né in pace né in guerra No, non siamo in guerra, ma di certo non siamo neanche in pace: per Mark Rutte, segretario generale della Nato, è il momento per l’Europa di passare a una mentalità da tempo di guerra. Per fare questo i Paesi europei devono spendere di più per armarsi, superando l’ormai insufficiente quota del PIL fissata al 2% per la spesa degli armamenti. Questo anche se comporterà inevitabilmente la diminuzione delle spese per pensioni, sanità, sicurezza sociale. gd.

2. Più armi, meno... Anche quando si fa la guerra si dice, in modo molto ipocrita, che è per vivere poi in pace. Certo, gli antichi dicevano: Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, prepara la guerra. Preferisco quanto invece diceva don Tonino Bello, vescovo, vero profeta: Se vuoi la pace, prepara la pace. Credo davvero che sia quanto i popoli desiderino, ciò che più sta a cuore alla gente.

3. Risorse per la Sanità Sembra che le risorse siano scarse per il popolo italiano. Come in ogni famiglia previdente si rende necessario stabilire le priorità, cosa è indispensabile e cosa invece, pur necessario, può attendere. La sentenza della Corte Costituzionale, n. 195, afferma che prima di tagliare le spese sul comparto della Sanità pubblica devono essere ridotte le altre spese. La Corte ribadisce che l’intento prioritario è quello di «garantire il fondamentale diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione, che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino. Vuol dire tutela delle fasce deboli. Il cittadino non deve pagare di tasca propria, soprattutto quando è povero.

4. Prestiti in aumento E’ stato rilevato che durante il periodo cosiddetto black friday sono aumentati i prestiti alle famiglie. In altre parole sono aumentati i debiti che pesano sui bilanci delle famiglie. Può darsi che tanti acquisti erano comunque necessari. E questo va bene. essere molto soddisfatti, come per alcuni che vedono uno slancio positivo i consumi, mi sembra eccessivo. Tutto è pensato per farci spendere sempre di più, l’economia deve girare. Un po’ peggio “girerà” quella familiare. dt

 

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