Numero 25 27 ottobre 2024 XXX domenica Tempo Ordinario Settimanale di varia umanità carceraria C.C.di Monza
Maestro, che io veda di nuovo
Quando, al mattino presto e di sera, passeggio con il mio cane che è completamente cieco, qualcuno lo fissa e poi dice: che occhi belli! Sarebbero anche belli, rispondo, purtroppo però è cieco. Poverino, incalza, però sente bene, ha l’olfatto sviluppato molto più del nostro, si orienta molto bene (sembrano tutti esperti in fatto di cecità canina). Abbastanza vero. La cecità, che è una disgrazia, affina la capacità di vedere oltre, di andare al cuore della condizione umana. Ricordo un romanzo di un grande scrittore portoghese, José Saramago, dal titolo Cecità. Gli abitanti di una città, inspiegabilmente, un po’ alla volta diventano quasi tutti ciechi. Vengono rinchiusi in un manicomio dove subiscono ogni tipo di angheria e tutte le violenze immaginabili da parte di chi ancora non aveva perso la vista. Ora però, quei ciechi, vedono l’egoismo, le repressioni del potere, le ingiustizie, l’ipocrisia e l’indifferenza, nei quali essi stessi comunque vivevano. Quando erano sani, con una vista ancora buona, non vedevano i mali che li circondavano. La disgrazia della cecità ha aperto loro gli occhi. La cecità fisica, comunque, rimane una disgrazia: è sempre buio, è sempre notte per chi è cieco. Ma almeno sa di essere cieco, sa di dover cercare sentieri diversi da percorrere, sa anche di doversi fidare, si riconosce mendicante, bisognoso di tutto e di qualcuno che lo prenda per mano e cammini al suo fianco. Il cieco del vangelo di oggi ha fatto così: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me. Rabbunì, che io veda di nuovo. Fiducia incondizionata in Gesù, nonostante che molti lo rimproveravano perché tacesse (i soliti benpensanti che dicono agli altri cosa devono fare). Il vangelo non dirà più nulla di questo cieco, ma il brano di oggi si conclude dicendo che si mise a seguire Gesù. Ne valeva la pena. Il cieco aveva sì ricuperato la vista, ma ancor di più ha ricominciato a vivere, ha dato un senso nuovo e meraviglioso alla sua vita. Abbiamo anche noi bisogno di ricominciare a vivere e di dare un nuovo e salutare slancio. E ricominciare a vedere. Vedere Gesù che passa, lo notiamo e non perdiamo l’occasione di seguirlo. Vedere il fratello che soffre, senza girarci dall’altra parte. Vedere le ingiustizie che opprimono i poveri, e smettere di difendere i nostri privilegi. Vedere le vittime delle guerre, della fame, della malavita, senza mai farci l’abitudine. (Questa sera, passeggiando con il cane, cercherò di imparare qualcosa da lui). dtiziano
Pillole di conoscenza:
Liberazione anticipata In materia di liberazione anticipata (cioè il riconoscimento di 45 giorni di sconto sul fine pena per ogni semestre di pena) il D.L. N.92/2024 art.5 interviene con un importante rimodulazione dell’art. 656 c.p.p. In sostanza, nell’ordine di esecuzione, la pena da espiare deve essere indicata calcolando le detrazioni previste dall’art. 54 o.p. Si risolve così la confusione che spesso si crea: si specificano chiaramente le detrazioni che potranno essere concesse e anche la pena da espiare senza le detrazioni, con avvertenza che senza buona condotta il condannato non potrà avere il beneficio. Entro il termine di novanta giorni antecedente il fine pena, il magistrato di sorveglianza dovrà accertare la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata, in relazione ai semestri che non sono stati già valutati precedentemente, o di altri benefici (per es., legge Alfano, permessi, semilibertà, ecc.) su cui il riconoscimento dello sconto potrebbe determinare un anticipo di fine pena. Sono miglioramenti procedurali minimi ma benvenuti. en.
Dalla lettera di una detenuta.
La giustizia: una balena spiaggiata Qualche passaggio della lettera di una detenuta, L.L.F, da un carcere del Nord Italia. Condizioni che si riscontrano sostanzialmente in ogni carcere. Quando giungi in carcere dalla vita civile hai l’impressione di trovarti all’inferno e più passano i giorni e più quell’impressione diventa realtà, non parlo di delinquenti abituali morti di fame che qui trovano vitto e alloggio che non hanno fuori, e non pagheranno, perché nullatenenti, il mantenimento perché, quasi nessuno lo sa, ma per stare in carcere si paga: 120 euro al mese che ti vengono sottratti dallo stipendio, se lavori, o ti arrivano da pagare fuori.La giustizia nel nostro Paese è una balena spiaggiata e morente e il carcere ne è la dimostrazione, un sistema punitivo e inutile perché non possiamo pensare di rieducare le persone tenendole chiuse quasi 24 ore su 24 in celle fatiscenti e sovraffollate (io stessa per mesi sono stata in una cella con la muffa alle pareti e dove ci pioveva dentro). Gli psicofarmaci sono la cosa più consumata in galera, molte li usano per passare la carcerazione incoscienti e dormendo, molte sono costrette ad usarli perché il carcere non è solo privazione della libertà (che paradossalmente è la cosa che ti pesa di meno), ma è trovarsi costrette a condividere giorno e notte la cella, spesso piccolissima, con 2 - 3 - 4 - 5 altre persone con cui non hai niente in comune e a volte sono disturbate psichicamente al punto da non poterci dormire la notte, spesso dentro per aggressioni e omicidi, e non sai cosa potrebbero farti mentre dormi; o sono psichicamente non violente ma non si lavano, pisciano nel letto e hanno altre orride abitudini, per non parlare di quelle che rubano oggetti o vestiti, ti diluiscono i detersivi con l’acqua o si fregano la tua spesa. In carcere urla, litigi, crisi sono all’ordine del giorno. Il carcere è un mondo dove la normalità sparisce. (continua la prossima settimana).
Cpr: Centri per il rimpatrio
Se lo scopo è di rimpatriare i migranti nel Paese d’origine questi Centri sono un fallimento, tra l’altro molto costoso. Nei due anni 2022-2023 sono costati ben trentanove milioni di euro, qualcosa come ventinovemila euro per posto letto (dati forniti da ActionAid e dal dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Bari). Con un’efficacia molto ridotta: nel 2023 su oltre 28mila persone straniere colpite da provvedimento di espulsione quelle effettivamente rimpatriate dai Cpr sono state 2.987. Dal rapporto di ActionAid: Sono luoghi in cui si verificano regolarmente proteste anche violente, atti di autolesionismo, suicidi come quello del giovane Ousmane Sylla avvenuto a febbraio 2024 nel Cpr di Ponte Galeria a Roma. Le persone trattenute trascorrono le proprie giornate in spazi spogli che ricordano molto quelli delle carceri, spesso sedati da un uso massiccio di psicofarmaci e tranquillanti, come ha documentato un’inchiesta della rivista Altreconomia di aprile 2023. Questo è il modello per il centro in Albania? Una visione positiva sull’emigrazione Mentre la maggior parte delle nazioni europee cercano di percorrere strade di sostanziale rifiuto verso i migranti, con parole e scelte concrete umilianti verso la dignità umana, e l’Italia in questo si considera un modello da imitare, sono rare le voci che vanno in direzione diversa, soprattutto tra quelle della politica. Parole diverse, con più umanità, le ha pronunciate il premier spagnolo Pedro Sanchez (che ha tenuto in grande considerazione anche l’aspetto economico). Qualche frase su cui possiamo meditare. La nostra posizione è chiara: non siamo a favore di queste formule (modello Albania). Sui migranti abbiamo una posizione basata sull'umanità: una migrazione ordinata e responsabile è la risposta al problema democratico che affligge la Spagna e l'Europa. La via giusta non è cacciare i migranti ma “avere una visione positiva” della migrazione. Quindi abbiamo bisogno dell’immigrazione. Che sia legale, ordinata e sicura, ma deve esserci. È il grande dibattito che dobbiamo affrontare in Europa. Da qui in Spagna quando ascolto proposte sulla costruzione di centri in paesi terzi dico come sempre: non risolve nulla e crea nuovi problemi.
Ri(flessioni).
1. Suicidi in carcere Un uomo di 65 anni si è tolto la vita nel carcere di Bari. E’ il 76° dall’inizio dell’anno. Anche uno solo è troppo. Continua però il silenzio e l’assenza di provvedimenti efficaci che tentino almeno di arginare il più possibile questa piaga, fonte di tanti dolori.
2. Sempre gioco d’azzardo. Diverse autorevoli voci si levano sulla piaga del gioco d’azzardo. “Sull’azzardo il Governo favorisce le lobby”. Consulta Nazionale Antiusura: “La legge di bilancio non difende né la salute dei cittadini né gli interessi dello Stato”. Luciano Gualzetti, presidente della Consulta: La linea è sempre la stessa. Il governo antepone gli interessi di far cassa, e delle imprese del settore, a discapito della salute individuale e pubblica del Sistema Paese, considerando l’azzardo una leva fiscale sulla pelle delle persone più fragili. Vuol dire che si sfrutta la situazione di povertà e di malattia per fare cassa. A vantaggio di pochi, ricchi e potenti, e non certo dello Stato stesso e tantomeno dei cittadini.
3. Sempre più anziani Ormai da tempo lo sappiamo: ci sono sempre più anziani e sempre meno bambini. Situazione che si fa sempre più accentuata in Italia, ma condivisa con tante altre Nazioni. La ditta che produce i Pampers ha rivoluzionato la catena produttiva: molti più pannoloni che pannolini. Non poteva che finire così. Parò, che tristezza! 4. Bambini in galera In Australia la minore età per andare in prigione è di 10 anni! I territori del Nord si sono così allineati al resto dell’Australia (prima era “solo” 12 anni l’età minima!) con l’eccezione del Territorio della Capitale. Lo ha stabilito il nuovo governo locale per ragioni di “sicurezza”. Come si possa sentirsi più sicuri condannando al carcere bambini di 10 anni proprio non si capisce. gd.
5. Professore poco presente Dalla nomina a professore di diritto in una scuola del veneto, un professore sessantenne in tre anni ha accumulato ben 550 giorni di assenza, un anno in aspettativa e due in malattia. Tra l’altro aveva sulle spalle ben tre condanne. Ora è stato licenziato, e non per le condanne. Non poteva almeno svolgere bene il lavoro di insegnante?
6. Rider sotto la pioggia Una foto ha fatto discutere molto: un ridere al lavoro, sotto la pioggia battente, durante l’alluvione che ha colpito Bologna la scorsa settimana. Ma chi ordina una pizza durante un’alluvione ci pensa al povero ragazzo che dovrà consegnarla? E poi magari non gli dà neanche la mancia. Per i datori di lavoro non era il caso, per quella sera, di sospendere quel servizio. O erano gli stessi rider che preferivano affrontare le intemperie? Ma questo vuol dire che non hanno tutele, e il loro lavoro è più che precario, e in più non sono protetti. La sicurezza sul lavoro dov’è finita? Triste e ipocrita piangere dopo, a tragedia avvenuta. dt.
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